Partito di Alternativa Comunista

Gaza sotto attacco

Gaza sotto attacco

Le ragioni dell'escalation di violenza

e il ruolo della stampa

 

 

di George Bezerra (*)

L'attuale offensiva israeliana nella Striscia di Gaza può essere compresa solo nel contesto della strategia generale di questo Stato nazi-sionista: eliminare il popolo palestinese e quindi la sua eroica resistenza contro l'occupazione dei territori della Palestina storica che dura da più di 60 anni. A questo proposito, è importante notare che non è più che un'utopia reazionaria cercare la pace in Medio Oriente, con il mantenimento di uno Stato la cui natura è razzista e militarista al servizio di proteggere, a tutti i costi, gli interessi della borghesia imperialista in Medio Oriente.

Non è superfluo partire da questa caratterizzazione, perché milioni di persone si commuovono per gli attacchi subiti dal popolo palestinese che vive rinchiusa nella Striscia di Gaza in condizioni terribili. Tuttavia, allo stesso tempo, sono afflitti da numerosi dubbi se sia giusto o meno sostenere la lotta del proletariato palestinese, in quanto condannano anche i metodi terroristici di alcuni settori che compongono quel vasto movimento di massa che è la resistenza palestinese.

Si somma a ciò il ruolo criminoso dei media mondiali nel dare copertura mediatica al conflitto arabo-israeliano come se fosse una lotta tra pari, o una lotta tra “la barbarie musulmana contro l'unica democrazia del Medio Oriente” o dell'“intollerante cultura araba contro le vittime dell'Olocausto”. In questo senso, ad ogni nuovo capitolo di questo conflitto, è necessario chiarire cosa è lo Stato di Israele, la sua natura, quando, come è stato creato e le sue conseguenza sulla popolazione palestinese. La risposta ad ognuna di queste domande ci porta a sostenere la lotta degli oppressi contro uno Stato razzista oppressore, ci colloca, categoricamente dal lato della resistenza palestinese.

Da quando la situazione a Gaza è ritornata più tesa, la stampa internazionale ha agito a favore della lobby sionista. Mentre i 600 attacchi aerei israeliani hanno fatto già più di 40 morti, tra cui 8 bambini, e 300 feriti, il maggiore quotidiano spagnolo, El País, mette in evidenza la crescente gittata dei razzi di Hamas. Il maggior giornale on-line del Brasile (Folha Uol) segue la stessa linea. Ha lasciato come titolo d'apertura del suo sito web, per quasi 10 ore, un articolo intitolato "per la prima volta nella storia, Gerusalemme viene raggiunta da un razzo palestinese". E così si potrebbero dare molti esempi che confermano da lato stanno le imprese di comunicazione in questo conflitto.

Tutta questa litania ha obiettivi chiari: rafforzare il mito israeliano della sicurezza nazionale, convincere le masse che Israele ha il diritto di “difendersi” contro un nemico troppo “pericoloso e ignorante” (Hamas e il popolo palestinese) e preparare una invasione terrestre di Gaza, che potrebbe finire in un bagno di sangue palestinese. Oggi più che mai, il sionismo deve mettere in azione le sue lobby, comprando la stampa, fabbricando notizie, fatti e cercando il pieno sostegno delle potenze imperialiste, perché Israele non si è mai trovata così isolata nella sua storia come oggi. L'imperialismo nordamericano, attraverso il suo principale rappresentante, Obama ha già difeso il diritto di Israele a difendersi e di porre il suo sistema di difesa missilistico e i suoi mortai al servizio dello Stato ebraico, giacché lo stesso ha già lanciato più di 600 attacchi aerei contro Gaza.

 

La crisi economica, rivoluzione araba e elezioni legislative

L'offensiva in corso occorre in uno scenario che precede le elezioni legislative in Israele. Il primo ministro del Paese, Benjamin Netanyahu, ha preparato coscientemente, le provocazioni che hanno dato origine alla nuova esplosione di violenza. L'obiettivo è quello di distogliere l'attenzione delle masse israeliane alla vigilia delle elezioni.

Israele soffre gli effetti dell'attuale crisi economica mondiale. Oggi, un quarto della sua popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, l'inflazione è alta (il prezzo dei beni di consumo costano il doppio rispetto al continente europeo), la disoccupazione tra i giovani è allarmante, l'accesso alla casa è un altro grave problema e i diritti sociali sono nelle mire del governo.

Ai primi di settembre dello scorso anno, manifestazioni di massa contro il deterioramento del tenore di vita e i piani economici di Netanyahu, sono occorse nelle principali città israeliane (Haifa, Gerusalemme e Tel Aviv). È per questo che il Likud cerca di ricomporre, artificialmente, la popolarità di Netanyahu con il pretesto di rafforzare il senso di unità dei coloni ebrei e proteggere i cittadini israeliani dall'“ondata di attacchi da parte di Hamas”.

L'azione di Israele è così fuori luogo che, secondo l'attivista israeliano Gershon Baskin, l'ex maggiore leader militare di Hamas, Ahmed Jabari, stava lavorando a un accordo di pace permanente tra Israele e Palestina, poco prima di avere la propria vita interrotta da un attacco aereo sionista. Jabari stava formulando un documento di cessate il fuoco ancora poco prima che cominciasse l'intensificazione della violenza sionista a Gaza. Secondo Baskin, le autorità israeliane ne erano a conoscenza, e nonostante ciò, hanno autorizzato l'attacco.

È chiaro che il nemico di Israele non è Hamas. Sono le masse popolari palestinesi. Basta vedere il carattere degli attacchi, cosa viene distrutto e chi sono le vittime. La lotta contro Hamas e il terrorismo è un pretesto per continuare il genocidio e il saccheggio delle ricchezze palestinesi, con il sostegno interno della maggioranza della popolazione ebraica e esterno degli stati imperialisti.

Non è la prima volta che Israele fa ciò. Nel 1981, Menachem Begin attaccò Baghdad un mese prima dall'apertura delle urne. Shimon Peres stava ad alcuni mesi dalle elezioni durante l'operazione “Grappoli d'Ira” nel sud del Libano nel 1996. Nel 2009, l'allora primo ministro Ehud Olmert iniziò l'operazione Piombo Fuso che provocò la morte di quasi 2.000 palestinesi, l'assedio di Gaza e la distruzione delle sua già fragile rete di infrastrutture. In quell'occasione, ci sono state manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese in tutto il mondo, che hanno raggiunto carattere di massa nei Paesi arabi.

Un altro elemento di destabilizzazione di Israele, che lo porta a rafforzare il mito della sicurezza nazionale, è il suo crescente isolamento politico nel Medio Oriente causato dalla situazione rivoluzionaria aperta in Nord Africa e Medio Oriente. La lotta contro lo Stato di Israele e per la causa palestinese è una bandiera che unisce le masse arabe. Fin dalla sua fondazione, Israele vive in guerra permanente contro il mondo arabo per difendere gli interessi dell'imperialismo nordamericano nella regione.

A partire dalla decadenza del nazionalismo arabo, coronata dalla capitolazione della dirigenza dell'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) con gli accordi di Oslo, la maggioranza dei regimi arabi accentuarono il loro spostamento a destra, riconoscendo lo Stato di Israele, abbandonando la lotta per la sua distruzione e trasformandosi in soci-gerenti degli affari delle multinazionali del petrolio in Medio Oriente. Cosi facendo, tradirono le masse arabe, in particolare quelle palestinesi.

Tuttavia, la rivoluzione araba è tornata ad innalzare con forza e in maniera unificata la bandiera della causa palestinese e la lotta contro lo Stato di Israele. Le mobilitazioni che si sono estese in Marocco, Tunisia, Libia, Egitto e nei paesi della penisola araba hanno denunciato la connivenza di questi regimi con la politica e i massacri perpetrati da Israele nella regione. Non c'è da stupirsi che il presidente eletto dell'Egitto, Mohamed Morsi del partito dei Fratelli Musulmani, si è visto obbligato a visitare Gaza nel mezzo degli attacchi, aprire le frontiere e condannare pubblicamente gli attacchi. Molto diversamente da quel che accadde con gli attacchi a Gaza nel 2009, quando l'ex-presidente Mubarak agì apertamente in modo criminale a favore di Israele e dell'imperialismo, chiudendo la frontiera tra Gaza e l'Egitto.

L'attuale situazione di isolamento politico di Israele scatenato dalla rivoluzione araba, nel mezzo di una grave crisi economica internazionale, la caduta del tenore di vita della sua popolazione e le elezioni legislative portano lo Stato sionista a indirizzare i suoi sforzi per rafforzare il sentimento di unità nazionale intorno alla presunta difesa della sua popolazione contro il terrorismo.

 

L'attacco di Israele può rivoltarglisi contro. Tutto l'appoggio ai palestinesi!

Tuttavia, questo nuova aggressione è un'arma a doppio taglio e può generare l'effetto opposto a quello sperato dal Likud e da Netanyahu. Nel 2009, nonostante il numero di morti da parte palestinese, l'eroica resistenza e la solidarietà internazionale hanno sconfitto i piani sionisti. Nel caso in cui Israele invada Gaza via terra e promuova un nuovo massacro, potrebbe innescare un movimento di massa maggiore di quello che si è visto tre anni fa, accentuando la situazione rivoluzionaria nel mondo arabo, aumentando l'unità delle masse arabe e trovandosi ad affrontare un opposizione di massa nel suo territorio.

È compito di tutte le organizzazioni sindacali, popolari, dei diritti umani e dei partiti di sinistra organizzare la più ampia campagna di solidarietà (politico e materiale) ai palestinesi e di denuncia di Israele. Dobbiamo esigere dai nostri governi, nel nostro caso il Governo Dilma, la rottura delle relazioni diplomatiche e commerciali con Israele. E necessario portare avanti la campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani. Così come è successo nel 2009, i sindacati dei portuali e dei magazzinieri nei Paesi europei dovrebbero orientare le loro categorie nel non sbarcare nessun prodotto israeliano nei loro paesi. Organizziamo comitati in difesa dei palestinesi che svolgano il ruolo di sviluppare la campagna nelle grandi città del Paese.

Siamo di fronte alla più lunga occupazione coloniale nella storia moderna e al tentativo di sterminare un intero popolo. La popolazione palestinese resiste coraggiosamente a questo piano. È tempo che la classe lavoratrice mondiale offra una risposta all'altezza della resistenza palestinese.

 

Contro un nuovo massacro da parte di Israele a Gaza, siamo tutti palestinesi!

 

 

(*) Pstu, sezione brasiliana della Lit- Quarta Internazionale

 

 

(Traduzione dall'originale portoghese di Giovanni “Ivan” Alberotanza)

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