Scuola: l’espulsione dei precari
Appello all'unione delle lotte in una mobilitazione
radicale e unitaria
di Mauro Buccheri*

La scuola pubblica ha pagato molto pesantemente, in questi anni, le politiche di “austerità” portate avanti trasversalmente da centrodestra e centrosinistra su mandato dei padroni. Ricostruiamo quali sono stati, negli ultimi anni, i principali attacchi ai lavoratori della scuola.
I tagli di Berlusconi...
Il
governo Berlusconi, attraverso Gelmini e Tremonti, ha tagliato risorse pari ad
otto miliardi d’euro, espellendo dal mondo della scuola circa 150.000
lavoratori precari nel triennio 2008-2011, fra docenti e Ata, lavoratori che
avevano contribuito negli anni precedenti a portare avanti il sistema
scolastico.
La
scuola pubblica si è vista sottrarre preziose risorse, in termini umani ed
economici, ha visto aumentare il numero d’alunni per classe, con le inevitabili
ricadute negative che ciò ha comportato sul piano didattico, e tutto questo
sull'altare del “contenimento della spesa pubblica” (uscendo dal politichese,
per finanziare banche e grandi imprese). A fronte d’ingenti finanziamenti che
sono stati costantemente erogati verso le scuole private, clericali e non.
Gli
edifici scolastici, così come gli altri edifici pubblici, versano in condizioni
sempre più fatiscenti, esponendo quotidianamente a rischio l'incolumità
d’alunni e lavoratori della scuola in ogni parte del Paese, mentre il blocco
del contratto del lavoro, fermo dal 2009, ha impoverito ulteriormente i lavoratori,
già pesantemente esposti all'aumento del carovita.
La politica dei tagli non ha risparmiato nemmeno gli
alunni disabili, colpiti contemporaneamente dalla mancanza di continuità
didattica (figlia di una politica che ha deciso di ridurre drasticamente il turn-over)
e dalla riduzione delle ore di sostegno (dovuta alla progressiva diminuzione
del rapporto fra insegnanti di sostegno e alunni disabili, e quindi ai tagli al
personale).
...e quelli del governo Monti
Il
governo Monti, sostenuto trasversalmente da Pd e Pdl, ha continuato l'attacco
al mondo del lavoro, inclusa la scuola, in particolare attraverso la
controriforma delle pensioni firmata dalla Fornero, una ministra che fra
lacrime fasulle e battute sprezzanti ha umiliato giovani e lavoratori. La
controriforma previdenziale della Fornero, oltre a colpire ulteriormente il
reddito dei pensionati, ha comportato, infatti, l'innalzamento del limite d’età
per il raggiungimento della pensione di vecchiaia, con le nefaste conseguenze
che ciò ha prodotto sia per i lavoratori di ruolo, costretti ad essere spremuti
all'inverosimile, sia per i precari, che si sono visti ridurre ulteriormente
gli spazi in un contesto già disastrato.
Nello
stesso tempo, il ministro “montiano” della scuola, Profumo, provvedeva a
spargere ulteriori illusioni fra i precari della scuola, bandendo un
concorsaccio per una manciata di posti che si sono poi rivelati inesistenti,
nonostante gli organi di stampa addomesticati – fra cui Repubblica – avessero inizialmente salutato questa squallida operazione
propagandista come una “rivoluzione” nel mondo della scuola!
Il padronato prova a sferrare il colpo di grazia
Il
mondo della scuola è sinora riuscito a respingere i tentativi operati dai
padroni di portare a termine il progetto di privatizzazione della scuola, un
progetto avviato dalla berlusconiana Aprea, e che prevede la trasformazione
delle scuole in aziende, con i privati che potranno partecipare al
finanziamento e all'amministrazione delle istituzioni scolastiche. Un progetto
che, nelle intenzioni dei fautori, accarezza persino l'idea dell'azzeramento
delle graduatorie permanenti, in cui stazionano da decenni circa 300.000
precari, per passare magari ad un sistema di reclutamento per chiamata diretta
dei dirigenti scolastici (un sistema che attribuirebbe pieni poteri ai presidi,
annichilendo definitivamente ogni tipo d’opposizione nei luoghi di lavoro).
Il
mondo della scuola è riuscito sino ad oggi a respingere anche il tentativo
padronale di aumentare l'orario di lavoro dei docenti, una misura che qualora
fosse realizzata comporterebbe l'espulsione di massa dei precari della scuola
dal mondo del lavoro, dato che le poche ore che oggi restano per le supplenze
sarebbero distribuite fra i docenti di ruolo
Le
classi dirigenti del Paese però non desistono, e il governo ripropone in questi
giorni l'aumento dell'orario settimanale degli insegnanti, provando ad
inserirlo all'interno delle operazioni per il rinnovo contrattuale della
categoria. Purtroppo, davanti a questa possibilità, alcuni sindacati hanno già
mostrato la propria disponibilità a “concertare”, ossia a svendere la pelle dei
lavoratori per un piatto di lenticchie (cioè in cambio di un lieve ritocco
stipendiale per gli insegnanti di ruolo).
Mentre lavora sottobanco all'aumento dell'orario di
lavoro degli insegnanti, misura drastica che equivarrebbe alla resa dei conti
verso il precariato della scuola, il governo Letta procede all'ennesima manovra
populista e propagandista. A fronte dei miliardi sottratti alla scuola negli
ultimi anni, presenta, infatti, in pompa magna un decreto legge che promette
appena 400 milioni d’euro al sistema scolastico nei prossimi tre anni, con le
solite briciole destinate alle immissioni in ruolo e il sostanziale aggiramento
dei nodi problematici che riguardano il settore.
Appello ad una mobilitazione radicale e ad oltranza
La
continuità dell'attacco del padronato – con l'aumento dell'orario dei docenti
che incombe minaccioso sul capo dei docenti, precari e non - dimostra quanto
avevamo sostenuto, e cioè che la mobilitazione dello scorso autunno, con gli
studenti a lungo in prima fila nelle manifestazioni di piazza, non sarebbe
dovuta essere interrotta. Al contrario, solo una mobilitazione radicale e
prolungata può strappare risultati e costringere i padroni ad arretrare.
Per
questo motivo, facciamo appello agli studenti e a tutti i lavoratori della
scuola, al personale Ata, ai docenti precari e di ruolo, ad unirsi in una
mobilitazione radicale e ad oltranza che avanzi chiaramente le seguenti
rivendicazioni: aumento del finanziamento alla scuola pubblica, ritiro dei
tagli effettuati dai governi negli ultimi anni, diminuzione del numero d’alunni
per classe, rinnovo contrattuale e scala mobile dell'orario di lavoro, cioè diminuzione dell'orario di
lavoro dei lavoratori di ruolo fino al riassorbimento di tutti i precari della
scuola.
Facciamo
appello ai sindacati non disponibili alla collaborazione di classe, affinché
mobilitino la loro base intorno a queste rivendicazioni, prendendo
immediatamente posizione contro ogni ipotesi d’aumento dell'orario di lavoro
degli insegnanti. Davanti ad un attacco così violento, infatti, è più che mai
necessario che i sindacati conflittuali si mobilitino senza indugi per
organizzare una ferma opposizione nei luoghi di lavoro e nelle piazze. Lo
sciopero generale indetto per il 18 ottobre non deve essere un episodio
isolato, ma deve inserirsi nel quadro di una più ampia mobilitazione ad
oltranza, nel quale i lavoratori della scuola devono unire la loro lotta con
quelle che i lavoratori d’altri settori, sia del pubblico sia del privato, stanno promuovendo
contro le misure antipopolari del padronato. Sull'esempio di quanto sta
avvenendo in altri Paesi, come ad esempio in Brasile, dove i lavoratori della
scuola sono stati in prima fila nelle imponenti mobilitazioni popolari a fianco
dei lavoratori degli altri comparti. Il Coordinamento No Austerity, cui
partecipa anche il Pdac insieme a tante realtà sindacali, di lotta e politiche,
può essere un prezioso strumento per l'unificazione di queste lotte intorno ad
una piattaforma anticapitalista. Perché non è possibile dissociare la lotta per
la scuola pubblica dalle altre battaglie, non è possibile promuovere – e
vincere – queste battaglie senza mettere in discussione il sistema che ne ha
reso necessario lo sviluppo.
*Dipartimento sindacale del Pdac