Elezioni regionali in Sicilia
Non partecipare alla farsa, lavorare a un progetto politico alternativo!
di Mauro Buccheri

Domenica 5 novembre si svolgeranno le elezioni regionali in Sicilia. Verranno eletti il presidente della Regione e i deputati dell'assemblea regionale siciliana che per la prima volta – dopo la modifica dello statuto speciale operata nel 2013 – saranno 70 e non 90. L'appuntamento siciliano rappresenta una sorta di prova generale delle prossime elezioni politiche. Per questo motivo i partiti di sistema in queste settimane sono stati molto attivi in tal senso e hanno messo le elezioni in Sicilia fra gli impegni principali nella loro agendina. Un impegno che negli ultimi giorni, con l'avvicinarsi del voto, è diventato sempre più frenetico e intenso, tanto da regalarci spettacoli tragicomici come ad esempio i candidati governatori e i loro testimonial (vedi Fabrizio Micari e Leoluca Orlando) che fanno propaganda elettorale nelle chiese col supporto dei parroci...
La crisi del Pd in Sicilia e le manovre in atto
Avanza
in Sicilia la crisi del Pd, al punto che alle recenti elezioni amministrative a
Palermo, capoluogo della regione, svoltesi nello scorso mese di giugno, il Pd
ha rinunciato a proporre un proprio candidato mettendosi a rimorchio del
carrozzone del gattopardo Leoluca Orlando, poi risultato vincitore e incoronato
sindaco di Palermo per la quinta volta (1). Un carrozzone che comprendeva anche
Angelino Alfano oltre a ciò che resta della sinistra di sistema palermitana
(Prc e Si) e i vari cortigiani politico-sindacali di destra, di centro e di
sinistra.
A
queste regionali il Pd rafforza ulteriormente il legame con Leoluca Orlando e
presenta come candidato governatore Fabrizio Micari, rettore dell'Università di
Palermo, che nelle scorse settimane è stato accusato di usare la newsletter
della stessa università, e più in generale il proprio ruolo nell'ateneo, come
strumenti funzionali alla propria campagna elettorale.
Renzi
e il Pd hanno ottenuto l'endorsement dell'ex governatore Totò Cuffaro, uscito
dal carcere nel dicembre 2015 dopo aver trascorso agli arresti 4 anni e 10 mesi
in seguito alla condanna per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e
rivelazione di segreto istruttorio.
Oltre
a quella del Partito democratico, presenti altre tre liste a supporto di
Micari. Una è la lista Alternativa popolare-centristi per Micari. Si
tratta di una lista in cui convergono i Centristi per l'Europa, gruppo
guidato da Casini e D'Alia che ha scisso recentemente dall'Udc, e Alternativa
popolare, il partito di Angelino Alfano. Quest'ultimo, infatti, ha respinto
le avances dei berluscones, molto forti negli scorsi mesi, e ha scelto infine
di mantenersi fedele a Matteo Renzi.
Altra
lista a sostegno di Micari è quella che raccoglie esponenti del Psi e di Sicilia
futura, gruppo fondato da Salvatore Cardinale, ex Dc, Ccd, Udeur,
Margherita, poi passato al Pd. Un altro vecchio gattopardo della politica
siciliana che ha ricoperto in passato la carica di ministro delle comunicazioni
nei governi D'Alema I e II, Amato II.
Completa
il quadro delle liste pro Micari Arcipelago Sicilia, nel quale
convergono Generazione next, “Sinistra siciliana” e Il Megafono,
partito presieduto dal governatore uscente Rosario Crocetta. Quest'ultimo,
nonostante i disastri prodotti durante il suo mandato, aveva inizialmente
manifestato l'intenzione di ricandidarsi a presidente della Regione (“o si fanno le primarie o sarò io il
candidato governatore del Pd”, diceva), intenzione da cui lo hanno poi fatto
recedere. A causa di un errore nella presentazione delle liste, Arcipelago
Sicilia è stato escluso dal collegio di Messina, con conseguente impossibilità
a candidarsi per un seggio all'ars da parte di Crocetta, che era inserito proprio in quella lista e
in quel collegio. Nonostante l'esclusione, tuttavia, Saro non si è scoraggiato
e ha battuto cassa: rivolgendosi a Renzi, infatti, ha rivendicato, come da
“accordi”, un seggio alla Camera e un posto nella segreteria nazionale del Pd
in cambio della sua rinuncia alla ricandidatura a governatore e dell'impegno da
lui profuso a supporto dell'armata renziana (2).
Sembra
tuttavia, anche sulla base di quanto emerso da parecchi sondaggi, che lo
schieramento piddino non abbia grandi chances di vittoria. Per questo motivo,
stando a quanto riportato da alcuni quotidiani, ci sarebbero già trattative avviate
fra piddini e berluscones per il dopo-elezioni e alcuni settori del Pd
sarebbero già pronti a sostenere Nello Musumeci
(3), oggi candidato governatore per il centrodestra, qualora
quest'ultimo dovesse insediarsi a Palazzo d'Orleans, così come pronosticato da
diversi istituti demoscopici. Continuerebbero, insomma, le “larghe intese” fra
il Pd e il centrodestra.
La destra si ricompatta attorno a Nello Musumeci
La
destra prova ad approfittare delle difficoltà del Pd e si ricompatta attorno
alla candidatura di Nello Musumeci. Quest'ultimo non è certo un volto nuovo
della politica siciliana. Ex Msi, An, La Destra, Musumeci è già stato
eurodeputato nonché presidente della provincia di Catania e sottosegretario di
Stato del ministero del lavoro alla corte di Silvio Berlusconi. Nel 2015 ha fondato il
movimento Diventerà bellissima, che presenta una delle cinque liste a
sostegno della sua candidatura, un movimento che trae il nome da una frase del
magistrato Paolo Borsellino rivolta alla Sicilia. Anche Musumeci, dunque, forte
della carica di presidente della commissione regionale antimafia dell'Ars,
ottenuta nel maggio 2013, cerca di ergersi a paladino della “legalità”
borghese. Un'ambizione che per lui non è inconciliabile con la presenza nelle
liste che lo supportano di diversi personaggi “impresentabili”, ossia indagati,
rinviati a giudizio, condannati per i più svariati reati (truffa, corruzione,
voto di scambio, estorsione ecc). Contro la destra e i suoi “impresentabili” è
partito l'attacco frontale degli altri candidati, in particolare del grillino
Cancelleri. Al punto che sulla questione degli “impresentabili” negli ultimi
giorni si è scatenato fra i vari candidati a governatore uno scontro violento
di tutti contro tutti. L'ennesimo distrattore borghese, alimentato dai mass
media e funzionale a depistare l'attenzione dal problema reale, cioè dal
capitalismo, e a far credere che tutto si riduca a una questione meramente
“morale”.
Oltre
a Diventerà bellissima, ci sono altre quattro liste pro Musumeci: Forza
Italia, Fratelli d'Italia-Noi con Salvini, Unione di centro,
Popolari-autonomisti. Quest'ultima lista, in particolare, nasce dalla
convergenza fra il Cantiere popolare di Saverio Romano e il Partito dei
siciliani-Mpa di Raffaelle Lombardo, ex governatore siciliano poi condannato
per voto di scambio.
Per
il centrodestra queste elezioni siciliane sono una prova importante anche
rispetto agli equilibri “interni” e potrebbero risultare determinanti rispetto
al braccio di ferro in corso fra Berlusconi e Salvini per la leadership dello
schieramento in vista delle prossime politiche.
“Autonomisti” per la Sicilia “libera” e “indipendente” nel quadro del capitalismo
Rispetto
agli altri tre candidati a governatore, facciamo un breve riferimento
all'autonomista Roberto La Rosa, che rappresenta il movimento “Siciliani
liberi”. Basta fare un salto sul suo sito, su cui fra le altre cose si vedono
scorrere nostalgicamente sullo schermo i simboli della dinastia normanna degli
Altavilla (!), che governò in Sicilia durante il Basso Medioevo, per
comprendere quanto poco sia credibile questo soggetto politico che, negli
ultimi giorni, ha incassato anche il supporto del destrissimo movimento piccolo
borghese e corporativo dei forconi.
I
“Siciliani liberi”, come si può evincere dal programma leggibile sul loro sito
(4), rivendicano l'indipendenza della Sicilia, la “moneta siciliana”, la
“lingua siciliana”, una scuola “siciliana”, nonché la famigghia “al centro
della politica sociale”. Non mancano ovviamente il richiamo alla “legalità”
borghese, né alcune righe riferite alle politiche migratorie, nelle quali cui
si rivendica uno “jus sanguinis moderato” (!?) e ci si schiera contro
l'immigrazione “irregolare”. Insomma, un misto di ignoranza storico-politica,
xenofobia (sebbene la si respinga a parole), luoghi comuni piccolo borghesi, il
cui risultato finale è ben lontano dal mettere in discussione, sia pure di
sfuggita e per sbaglio, la causa ultima dei disastri del pianeta, cioè il
sistema capitalista.
I grillini fra “abusivismo di necessità”, xenofobia e genuflessioni al cospetto del clero
Negli
ultimi giorni i big dello stato maggiore pentastellato, da Grillo a Di Maio a
Di Battista si sono recati in pellegrinaggio in Sicilia per sostenere il loro
candidato alle imminenti elezioni regionali, Giancarlo Cancelleri, che sembra
essere il concorrente più accreditato a contendere a Musumeci la carica di
governatore siciliano.
Queste
elezioni regionali si inseriscono in un quadro che a livello generale mette in
mostra le profonde contraddizioni del M5s. Alle recenti primarie virtuali, che
hanno incoronato Luigi Di Maio candidato premier pentastellato alle prossime
politiche, hanno votato online soltanto 37 mila su 140 mila aventi diritto al
voto, cosicché la tanto sbandierata “democrazia” (virtuale) grillina è
risultata persino meno “partecipata” della già malconcia democrazia borghese
che si sviluppa attorno alle farse elettorali (dove ancora un 50% circa degli
aventi diritto al voto si reca alle urne: vedremo quale sarà il dato delle elezioni
del 5 novembre). Né la cosa può stupire in riferimento a un partito-azienda
verticistico guidato da un gruppo di miliardari e schierato, rispetto alla
lotta di classe, decisamente sul versante padronale e antioperaio.
Se
dalle questioni interne passiamo a guardare quelle che sono le politiche del
M5s, infatti, con particolare attenzione ai luoghi in cui governa, tipo Roma e
Torino, ci rendiamo conto dell'incancrenirsi della deriva reazionaria,
securitaria e filoclericale (si pensi al recente episodio del bacio di Di Maio
alla “teca del sangue di San Gennaro”, alla presenza del cardinale Sepe) del
M5s, in particolare rispetto alla questione migranti e, in genere, rispetto
alle fasce sociali più deboli. Dietro il “né destra né sinistra” e il rifiuto di
facciata della forma partito, insomma, si cela - come più volte abbiamo
rimarcato (5) - un partito (a tutti gli effetti) borghese populista collocato
sul versante destrorso e reazionario.
I
grillini, come si legge nel loro blog, si pongono l'obiettivo di “azzerare gli
sbarchi” (obiettivo che non intendono certo perseguire lavorando alla
distruzione del sistema capitalistico, che difatti non mettono minimamente in
discussione). E, in questo senso, Minniti dovrebbe essere per loro un ottimo
punto di riferimento... (6)
Il
candidato governatore siciliano grillino Cancelleri ha difeso pubblicamente
l'abusivismo “di necessità”: ma attenzione, non intendeva l'“abusivismo” della
povera gente che occupa locali abbandonati per avere un tetto sulla testa (Di
Maio si è schierato apertamente dalla parte della polizia rispetto agli
sgomberi violenti operati a Roma dalle forze dell'ordine) quanto
evidentemente l'abusivismo degli amici, magari dei parenti del sindaco
pentastellato di Bagheria, grosso centro del palermitano, sottoposto ad obbligo
di firma ed indagato per peculato e turbativa d'asta: niente male per gente che
ha fatto della “legalità” borghese e della “lotta alla corruzione” la propria
ragion d'essere. Di certo una grana non di poco conto, considerando anche la
pubblicazione da parte della stampa delle intercettazioni che inchiodano il
sindaco grillino, anche se i pentastellati provano a difendersi evocando
complotti ai loro danni.
La sinistra di sistema si aggrappa a D'Alema
Il
quinto candidato in corsa per Palazzo d'Orleans è Claudio Fava, che rappresenta
una coalizione che riunisce il Mdp di D'Alema e Bersani, Sinistra italiana,
Rifondazione, Verdi, Possibile (il gruppo di Civati). Già il nome della lista
che sostiene Fava, Cento passi per la Sicilia, è stato oggetto di
polemiche. L'espressione “cento passi”, infatti, nell'immaginario collettivo è
collegata al famoso film di Marco Tullio Giordana su Peppino Impastato,
militante comunista siciliano ucciso dalla mafia per la sua azione di contrasto
ai boss di Cosa nostra. Da più parti si è ritenuto inopportuno che la sinistra
riformista abbia dato quel nome alla propria lista elettorale, un nome che sa
di operazione di marketing. Fava ha replicato che in realtà “cento passi” è
un'espressione da lui ideata e costituisce il titolo di un libro da lui
pubblicato parecchi anni or sono e relativo ai delitti impuniti di mafia. Se
ciò è senz'altro vero, è altrettanto vero che l'espressione “cento passi”,
indipendentemente da chi l'abbia ideata, è conosciuta al grande pubblico in
relazione al film su Impastato. E, soprattutto, è indubbio che accostare il
nome di Impastato a una lista che fa riferimento ai D'Alema e ai Bersani, cioè
a personaggi che negli ultimi anni hanno rappresentato in Italia
l'establishment, governando il Paese e promuovendo le peggiori politiche
antisociali, pare profondamente in contraddizione, considerando la prospettiva
avanzata a suo tempo da Peppino Impastato che di certo si starà rivoltando
nella tomba.
E
in effetti l'analisi della lista della sinistra riformista si può racchiudere
all'interno di ciò che abbiamo appena detto, nel senso che la suddetta lista
costituisce l'ennesima operazione opportunistica, finalizzata al puro
marketing, in perfetto stile grillino e berlusconiano. Si tratta cioè di
riuscire a impaccare all'elettore disorientato una roba marcia, cioè la
politica di collaborazione di classe (in una fase in cui peraltro la borghesia
non ha nemmeno più le briciole da distribuire). A vendere il prodotto scaduto
ci proverà per l'appunto Claudio Fava, del quale si cerca di sfruttare
l'immagine, collegata al legame di parentela col noto scrittore Pippo Fava, suo
padre, ucciso dalla mafia nel 1984. La sinistra di sistema, insomma, prova
ancora ad illudere le persone che per cambiare il mondo sia sufficiente agitare
la bandiera della “legalità” borghese piuttosto che costruire un progetto
politico alternativo che metta radicalmente in discussione il sistema economico
disumano in cui viviamo.
Non partecipare alla farsa, lavorare in altra direzione
Un
noto quotidiano ha scritto recentemente che un elettore siciliano su quattro
non sa che a giorni si terranno le elezioni regionali. Un dato che conferma, se
mai ce ne fosse bisogno, quanto sia diffusa e profonda fra le masse popolari
della Sicilia la sfiducia verso le istituzioni e i partiti di sistema. Per
quanto ci riguarda, ribadiamo ciò che abbiamo detto in altre circostanze. Non è
dalle urne che passa il cambiamento, in quanto la “democrazia” è solo una
sovrastruttura al servizio delle classi dominanti, che serve a difendere gli
interessi del padronato e ad illudere le persone rispetto alla possibilità di
cambiare “dal di dentro” il sistema.
Tutti
i candidati a quest'ennesima tornata elettorale fanno gli interessi della
borghesia, rappresentandone le esigenze dei diversi settori che sono in
competizione fra loro per la spartizione della torta. I lavoratori, le masse
oppresse non hanno nulla da guadagnare da questa farsa. Pertanto, facciamo
appello a non partecipare a questo pietoso teatrino. Ovviamente, il rifiuto
della pagliacciata elettoralistica e dei partiti di sistema non è di per sé
sufficiente per cambiare lo stato di cose presente, motivo per cui bisogna
decidersi ad abbandonare la cultura della delega e a mettersi finalmente in gioco
in prima persona impegnandosi in un progetto politico realmente alternativo,
che abbia come prospettiva l'abbattimento del sistema capitalistico e il potere
ai lavoratori. Un progetto che si costruisca all'interno delle lotte, che si
muova a livello nazionale e internazionale, che abbia come priorità l'unità di
classe nella lotta, contro ogni forma di oppressione.
Note:
1) Sulle recenti elezioni palermitane consultare:
http://www.alternativacomunista.it/content/view/2438/1/
4) http://www.sicilianiliberi.org/index.php/2017-05-29-19-51-28/progetto-politico
5) Si legga, fra gli altri: http://www.alternativacomunista.it/content/view/2395/47/
6) https://www.alternativacomunista.it/content/view/2485/1/