Il contraddittorio inizio
di un 2016/17 di lotta per gli studenti
di Giorgio
Viganò (Gcr Milano)

Il 7 ottobre è
stata la data del canonico via alle danze delle lotte studentesche. Per le
strade d'Italia, diverse migliaia di studenti hanno protestato contro il
governo Renzi, lanciando la campagna per il No al referendum costituzionale e
ribadendo l'opposizione alle misure contro scuola e lavoratori prese dal
Governo in questi ultimi anni.
Certo, non
parliamo di numeri cospicui per un randez-vous
ormai calendarizzato e che ogni anno viene svuotato di contenuto di lotta dalle
direzioni spettacolistiche del movimento: circa 2.000 a Milano, circa 5.000 a
Palermo e altri numeri che anche nelle città maggiori non si elevano al di
sopra di qualche migliaio. Tuttavia, numeri superiori all'anno scorso, quando -
per esempio - nel capoluogo lombardo le ultime manifestazioni contavano solo
poche centinaia di persone.
Pare che il No al
quesito referendario sia un tema attrattivo e mobilitante per i giovani
italiani, che in molte piazze non hanno abbassato il numero delle loro presenze
rispetto all'anno scorso: questa è comunque una grazia per un movimento
incapace di vincere le battaglie che ha trovato sulla sua strada negli ultimi
tempi. D'altro canto, una conferma del fatto che agli studenti italiani serve
una direzione diversa, che la voglia di lottare esiste, pur essendo canalizzata
in maniera completamente errata.
I limiti delle direzioni studentesche
Per «completamente
errata» s'intende quanto accaduto a Roma e in molti altri centri, dove i
gruppetti di testa continuano a dirigere i cortei verso l’obiettivo fittizio
dello scontro con le forze dell'ordine: continuiamo a ritenere che queste
pratiche siano da condannare non tanto per un mero buonismo morale, quanto per
la disaffezione che procurano nei giovani interessati alla costruzione di una
vera prospettiva anti-governo e anti-sistema, quindi anti-capitalista. Infatti,
immersi in una condizione storica in cui le lotte sono sparpagliate e poco
radicalizzate, chi scende a protestare per le prime volte spesso è spaventato e
viene talvolta irrimediabilmente perduto come giovane lottatore.
Molte volte questi
atti sono decisi dalle direzioni, altre volte da gruppi minoritari che agiscono
come infiltrati per agitare artificiosamente la situazione: è il caso di
Milano, dove il corteo studentesco (per questa volta dobbiamo darne atto ai
compagni dei centri sociali) ha dovuto scacciare degli pseudo-anarchici agitati
che intendevano irrompere nella folla per compiere azioni d'impatto più
vandalico che politico.
Se da una parte
speriamo che le componenti di tale foggia vengano d’ora in poi emarginate dalle
manifestazioni, d'altro canto è vero che, se si fosse agito così già due anni
fa, non vi sarebbe stata la data rovinosa (purtroppo non per i padroni e il
governo, ma per il movimento) del 1/5/2015, quando per le infiltrazioni dei
cosiddetti «black-block» (usiamo questo termine con la consapevolezza che
rappresenta una semplificazione giornalistica) e per l'incoscienza di centri
sociali e affini si sfaldò un movimento no-Expo costruito nel corso di molti
mesi.
Inoltre, sempre a
Milano, al pari dell'allontanamento di gruppi agitati, la direzione del corteo
avrebbe dovuto impedire alcune iniziative futili, e spesso non comprese dagli
studenti, come quelle degli attivisti che hanno contestato Erdogan invadendo le
infrastrutture degli operai al lavoro (appendendo peraltro lo striscione al
contrario: geni!), o degli ormai noti imbratta-vetrine.
Insomma, se da una
parte dobbiamo rallegrarci della decisione delle migliaia di giovani che sono
scesi in piazza, dall’altra è nostro dovere biasimare le strategie infantili
delle direzioni studentesche.
Diamo una prospettiva concreta alla mobilitazione studentesca contro governo e padroni!
Ciò che proponiamo noi è: basta con la spettacolarizzazione della lotta fine a sé stessa che serve a nascondere un'autoreferenziale mancanza di prospettive delle attuali direzioni del movimento studentesco, vogliamo costruire una mobilitazione su obiettivi politici e di lotta concreti e coerenti!
Positivo che sia stato lanciato subito un altro appuntamento, quello del 21 ottobre (22 a Roma), che unisce le lotte dei lavoratori (c’è infatti uno sciopero generale indetto da diversi sindacati di base) con la mobilitazione per il No al referendum, ma è un’occasione da sfruttare al meglio, senza creare confusione o divisioni, ma costruendo un fronte di lotta unitario (necessario abolire le rivalità infantili e i comportamenti settari fra le varie realtà) che funga da base per le prossime mobilitazioni.
Inoltre - è bene ricordarlo - dobbiamo sempre tener presente che la sconfitta della riforma istituzionale è per noi solo un immediato obiettivo di lotta, non la fine della battaglia, che è solo un mezzo, non il fine, che il nostro primo nemico è sì Renzi, ma in definitiva noi lottiamo contro le borghesie imperialiste, in primo luogo quella italiana, ma poi anche quelle europee e statunitense che impongono l’austerità che colpisce le nostre vite, lottiamo contro un sistema economico, quello capitalistico, che ci ruba il futuro. Il futuro è nostro, cosa aspettiamo a riprendercelo?