Il diritto di sciopero non si tocca!
di Alberto Madoglio
Qualche
settimana fa abbiamo pubblicato su questo sito un articolo in cui cercavamo di
spiegare come le polemiche contro il diritto dei lavoratori dei servizi
pubblici di svolgere assemblee durante l’orario di lavoro fossero pretestuose e
funzionali a un progetto più generale del governo Renzi di attacco ai diritti
dei lavoratori, o meglio a quei pochi diritti che ancora esistono. Oggi questa
campagna ha avuto una nuova puntata, con un livello di violenza che però non
avevamo ancora visto.
L’occasione
è stata data dalle assemblee sindacali che si sono svolte in diversi musei e
siti archeologici italiani, e il presunto “scandalo” dato dal fatto che questi
siti non siano stati accessibili ai visitatori per qualche ora. Tutti i
maggiori quotidiani hanno preso ad esempio la coda di turisti che si è formata
davanti al Colosseo di Roma per far partire una canea reazionaria che, come
accennavano, ha raggiunto livelli senza precedenti.
Il
capogruppo Pd alla Camera Rosato ha parlato di “sfregio all’immagine dell’Italia”.
Ma è stato Renzi che ha sferrato l’attacco più duro. In un tweet ha scritto:
“non lasceremo la cultura in mano a dei sindacalisti contro l’Italia”.
Per
chi ha qualche anno in più sono venute alla mente le parole di Margaret Thather
che, durante lo sciopero dei minatori del 1984/85, parlava di loro come “nemici
interni” e paragonava il loro leader Scargill al generale Galtieri (capo della
giunta genocida argentina durante la guerra di aggressione imperialista delle
Malvine)
Allora
come oggi la cosiddetta “libera stampa” era in prima linea nella campagna di
criminalizzazione delle lotte (il tabloid Sun
fece scandalo quando su una foto del leader dei minatori appose il titolo "Mine
Furher", cioè capo dei minatori, giocando sull'assonanza con "Mein
Furher", cioè Hitler).
Un
politico borghese dell’Inghilterra del XVIII secolo disse che il patriottismo è
l’ultimo rifugio delle canaglie. Affermazione che senz’altro condividiamo. Allo
stesso tempo dobbiamo riconoscere che l’attacco di governo e padroni segna un
salto di qualità, oggi nel linguaggio ma per preparare domani un attacco
pratico. Ecco come è nata questa campagna che ricorda quelle dei tempi di
guerra: chi dissente è un nemico del popolo.
E’
del tutto evidente che se questo è il clima che si prepara, non ci si limiterà
a usarlo contro qualche custode dei siti archeologici capitolini. Saranno
additati a nemici della Patria gli operai della Fiat, dell’Ilva di Taranto ecc.
nel caso volessero scioperare e bloccare la produzione che queste imprese fanno
"nell’interesse del Paese", secondo la propaganda del regime, cioè,
diremmo noi, per i profitti di capitalisti sempre più affamati di guadagni. Già
oggi vengono applicate, nei fatti, leggi speciali. Con la scusa dell’Expo a
Milano è proibito scioperare nei trasporti locali. Lo stesso capiterà a Roma in
occasione del Giubileo, previsto per il 2016.
Appare
più che mai patetica la reazione della burocrazia Cgil. Se non si risponde al
governo colpo su colpo non si può che arretrare. La guerra sferrata da Renzi
non prevede di fare prigionieri né di concedere l’onere delle armi.
Ma
non è delle sorti di qualche burocrate che ci preoccupiamo ma di cosa riserva
il futuro a milioni di lavoratori e lavoratrici. La Patria che Renzi e i
padroni difendono è quella dei profitti stellari per poche famiglie
appartenenti alla grande borghesia italiana, della miseria riservata alla
maggior parte della popolazione, della corruzione, della devastazione
ambientale, delle aggressioni imperialiste (militari e economiche) contro i
paesi dipendenti. E’ la Patria di Mare Nostrum e di Triton, missioni cosiddette
“umanitarie” che provocano la morte di migliaia di immigrati, e che chiudono
nei lager quelli che, fortunosamente, riescono a salvarsi.
Questa
Patria non è, né sarà mai, la nostra! Per questo dobbiamo difendere il diritto
di sciopero, arma indispensabile per lottare contro la borghesia e il suo
governo.