Partito di Alternativa Comunista

Pedofilia e clero

Pedofilia e clero
Tra copertura delle istituzioni borghesi e placet delle gerarchie vaticane
 
 
di Claudio Mastrogiulio
 
Nelle ultime settimane è esploso lo scandalo che ha visto come protagonisti numerosi preti irlandesi e tedeschi (ma il fenomeno pare essere internazionale)
 
Il Vaticano tenta di affrontare la vicenda con l’arroganza tipica di ogni potere forte che vede messa in discussione la propria autorità. Da un lato afferma, per bocca del portavoce Lombardi, di aver sempre affrontato la questione della pedofilia dei suoi preti con la massima chiarezza e trasparenza; dall’altro, attraverso la viva voce di Bagnasco, si lamenta dell’azione destabilizzante nei confronti di Ratzinger e della Chiesa da parte di alcuni gruppi di pressione.

Il coinvolgimento di Ratzinger
Bagnasco e Lombardi mentono sapendo di mentire. Di questo dovrebbero provare vergogna, chiedere scusa e risarcire le migliaia di vittime di preti pedofili. Ma da buoni uomini di potere negano finanche l’evidenza di documenti emanati dalle stesse istituzioni vaticane. In particolare, si fa qui riferimento ad una vicenda giudiziaria risalente agli anni Novanta che riguarda proprio l’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (l’ex Santa Inquisizione, mandante nei secoli di migliaia di omicidi contro presunte streghe e uomini di cultura scomodi alla Chiesa), Joseph Ratzinger. In quegli anni, in un tribunale del Texas, venne accusato  di “cospirazione contro la giustizia” (equivalente al favoreggiamento), per aver coperto numerosi sacerdoti cattolici accusati di abusi sessuali su minori. La posizione processuale di Ratzinger venne poi stralciata, quando fu eletto Papa, su richiesta del governo americano (all’epoca il presidente era George W. Bush), e in qualità Capo di Stato avrebbe goduto di tutte le protezioni e garanzie connesse con la carica.
La storia ha inizio quando tre ragazzini denunciarono di essere stati violentati da un seminarista colombiano appartenente alla chiesa San Francesco di Sales. All’inizio del 2010, il relativo processo è entrato nel vivo, e ha visto la presentazione, da parte della difesa dei ragazzi che hanno subito gli abusi, di una lettera “strettamente confidenziale” inviata nel maggio 2001 da Ratzinger a tutti i vescovi cattolici, nella quale si specificava che la Chiesa non avrebbe reso pubbliche le proprie indagini sui preti pedofili per un periodo di 10 anni dal momento in cui le vittime avessero raggiunto l’età adulta. Questa lettera prevedeva inoltre che i resoconti delle indagini preliminari su ogni caso di abuso dovessero essere inviati all’ufficio di cui Ratzinger era a capo, vale a dire alla Congregazione per la dottrina della fede. Lo stesso Ratzinger si sarebbe poi riservato la possibilità di far presente la vicenda a speciali tribunali, composti esclusivamente da ecclesiastici. La missiva di Ratzinger si concludeva con un’inequivocabile affermazione: “situazioni di questo tipo sono coperte dal segreto pontificio”. L’ordine impartito dall’attuale pontefice e da Bertone (l’attuale segretario di Stato Vaticano) conservava un obiettivo intrinseco, peraltro ampiamente raggiunto, vale a dire quello di guadagnare tempo sul termine di prescrizione del reato. Infatti, nel processo che vede indirettamente Ratzinger come protagonista non si sta discutendo degli anni che i preti pedofili dovrebbero passare nelle galere (dispensate a piene mani nei confronti di centinaia di migliaia di proletari) ma dell’eventuale risarcimento danni che il Vaticano dovrebbe elargire alle vittime. Questo perché i termini per la causa penale si sono prescritti, per l’appunto grazie all’atteggiamento truffaldino di Ratzinger.

La pedofilia come strumento di potere
La pedofilia non rappresenta un accadimento casuale nella storia e nella struttura gerarchica della Chiesa. È evidente come questa deviazione del comportamento sessuale sia una conseguenza del celibato coatto e della castità imposti dalle autorità vaticane ai propri affiliati. Fino all’ottavo secolo, i preti non erano obbligati ad osservare questi precetti; successivamente al papato di Adriano II (872) vennero inseriti nell’ordinamento canonico per rispondere a esigenze politiche ed economiche. Sul versante politico, la castità ed il celibato rappresentano il collante più efficace che le gerarchie vaticane hanno a disposizione per poter cementare la propria autorità e costruire un rapporto servo-padrone con i propri subordinati (i preti). Il meccanismo che si innesca è psicologicamente semplice da spiegare: occorre infatti partire dal presupposto che ogni essere umano è caratterizzato da pulsioni sessuali che, se represse, danno luogo ad episodi di deviazione e perversione (come gli abusi su donne e bambini, in particolar modo). Una volta verificatisi questi episodi di violenza, interviene l’autorità ecclesiale che, col suo agire falso e paternalistico, tende a mantenere segrete le brutture, col duplice risultato di gettare nel discredito le vittime inermi ed ottenere una cieca obbedienza da parte del prete che in quel caso concepirà l’autorità come l’istituzione che lo ha salvato dal carcere e dal disprezzo della pubblica opinione.
Sul versante più prettamente economico, il celibato e dunque la castità rispondono all’esigenza di restringere il numero di coloro che potrebbero godere degli innumerevoli privilegi e delle inestimabili ricchezze della Chiesa. Infatti, fino all’ottavo secolo, agli ecclesiastici era concessa la possibilità di sposarsi ed avere figli, a cui avrebbero provveduto grazie alle utilità di cui i prelati godevano in virtù del loro sodalizio con la Chiesa. Dunque una parte delle ricchezze clericali sarebbero state indirettamente utilizzate, per tramite del prelato capo-famiglia, da una pluralità di soggetti estranei alla Chiesa, di cui avrebbero goduto addirittura per effetto delle disposizioni successorie in seguito alla morte del prelato padre e marito. Al contrario, ancora oggi è possibile osservare come il sistema economico clericale sia florido e come sia gestito da pochissimi soggetti tutti interni al clero e dunque estremamente fedeli ai precetti dell’istituzione Chiesa. Quelli del celibato e della castità forzati, a cui si connette il fenomeno della pedofilia, rappresentano  strumenti per mantenere concentrate nelle mani di pochi “fedelissimi” le enormi ricchezze usurpate, nei secoli della sua storia, da parte della Chiesa Cattolica agli sfruttati di tutto il mondo. Un’usurpazione avvenuta col tallone di ferro delle armi, ma anche con mezzi più subdoli di cui i poteri forti solitamente si dotano per raggiungere i propri obiettivi, quali l’inganno e l’ignoranza indotta.        
 
L’anticlericalismo non basta, occorre un’opposizione di classe!
La soluzione a questo inaccettabile stato di cose non può arrivare da uno sterile anticlericalismo piccolo-borghese (maestri in tal senso sono i Radicali). Occorre un’opposizione che riesca a scardinare il controllo sociale che il Vaticano continua ad esercitare su un gran numero di masse in tutto il mondo. Un controllo sociale che si traduce nell’educazione di regime, nei numerosi diktat vaticani contro i diritti delle donne, contro le minoranze sessuali, contro il libero pensiero e la scienza; ma che trova il proprio fondamento nello strapotere economico e politico che caratterizza la Chiesa Cattolica. Basti pensare al trattamento di favore di cui gode il Vaticano in termini di concessioni da parte dello Stato italiano (vedi otto per mille, esenzione dall’Ici, etc.). Occorre dunque considerare l’opposizione alla Chiesa come un tassello della più ampia ostilità nei confronti del sistema sociale capitalistico, di cui il Vaticano è uno dei più strenui ed interessati difensori. Siamo assolutamente certi, infatti, che senza le iniquità e le ingiustizie sociali che caratterizzano il sistema capitalistico, la Chiesa (così come la religione) non avrebbe più ragione di esistere e perderebbe, dunque, agli occhi delle masse quella sacralità e quel potere che, più o meno consapevolmente, le riconoscono.
 

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