FACCIAMO COME LA FRANCIA!
Dopo il “Brexit” l’“Exit from Capitalism”?
Le lavoratrici e i lavoratori francesi c’indicano la strada maestra
contro l’Europa del capitale
di Patrizia Cammarata

Il 23 giugno scorso, nella stessa giornata in cui
il popolo della Gran Bretagna partecipava al referendum cosiddetto “Brexit” dichiarandosi, con il voto,
favorevole all’uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, il popolo francese stava scioperando, ancora una
volta, contro la Loi
Travail, la riforma del lavoro di Myriam El Khomri, il ministro
del governo Hollande-Valls, che l'esecutivo sta approvando, con la complicità
delle burocrazie sindacali della Cfdt. Una legge che renderà ancora più precario il lavoro e ne cancellerà la
maggior parte dei diritti, come il nefasto Jobs Act del governo Renzi e come le
misure approvate in Spagna nel 2010-2012.
Ancora una volta in piazza della Bastiglia, a
Parigi, si sono viste sventolare le bandiere delle organizzazioni dei
lavoratori e hanno riecheggiato le parole d’ordine contro il governo, contro
l’Europa del capitale, contro il capitalismo. Pur senza raggiungere i numeri e
la potenza della precedente giornata del 14 giugno, lo sciopero c’è stato e
così la manifestazione, nonostante la censura della Prefettura di Parigi che
inizialmente l’ aveva vietata.
Il forte movimento d’opposizione alla Loi Travail
è riuscito a spuntarla e, pur con un percorso ridotto e con numeri inferiori
alle manifestazioni precedenti a causa delle difficoltà organizzative dovute al
divieto e al clima d’intimidazione, non è stato possibile, per il governo
francese, ottenere la desiderata pausa alle proteste e metterne il bavaglio. Ma
il 23 giugno ha segnato anche l’evidente desiderio di superare gli accordi fra
burocrazie sindacali e istituzioni; infatti, molti dei manifestanti hanno
protestato rispetto al percorso ridotto del corteo, frutto di un accordo al
ribasso, scandendo lo slogan “Tout le
monde déteste tourner en ronde!”, e segnando anche in questa occasione il
malessere fra una parte dei manifestanti e i burocrati
sindacali.
E’ evidente che il governo è in enorme
difficoltà, che la lotta al terrorismo usata in funzione anti-democratica nei
confronti delle masse popolari francesi ha invece trovato una sana risposta:
quella di quando i lavoratori si riprendono la parola e le piazze, rispedendo
al mittente le responsabilità del terrorismo e del disagio sociale.
L’autorizzazione al premier Manuel Valls di ricorrere
all'articolo 49 della Costituzione, articolo che permette di
adottare la riforma senza il voto del Parlamento, ha rappresentato un’ulteriore
conferma della difficoltà in cui versa il governo e ha destato in Francia un
acceso dibattito e un’ulteriore motivo di scandalo che ha avuto come
conseguenza il fatto di avvicinare altri settori della popolazione (quelli che
nutrivano comunque fiducia nell’iter parlamentare) alla protesta popolare.
Nemmeno quella sorta d’oppio dei popoli
rappresentato dai giochi sportivi organizzati dalle istituzioni governative su
larga scala (gli Europei di calcio) sembra sortire in questo caso
l’effetto desiderato e, nonostante la presenza in Francia di questa
manifestazione dalle forti valenze ludiche e di distrazione, e anche se gran
parte dei dirigenti sindacali hanno dichiarato di non voler turbare lo svolgimento
degli Europei di calcio, sembra che i lavoratori francesi abbiano tutta
l’intenzione, anche in questo periodo, di rimanere concentrati ed organizzati
fino al raggiungimento dell’obiettivo: il ritiro della Loi Travail.
Con tutta probabilità ora si sta aprendo una fase
nuova e delicata, dopo la sconfitta del tentativo di imbavagliare la protesta
del 23 giugno e dopo, soprattutto, quello che ha rappresentato la giornata del
14 giugno scorso quando oltre un milione di persone sono scese in piazza a
Parigi: grandiosa giornata di lotta che è stata la conseguenza di mesi di
scioperi e mobilitazioni, di proteste che si sono estese nelle principali città
della Francia e che hanno coinvolto operai e lavoratori della scuola,
impiegati, netturbini, lavoratori dei trasporti, portuali, lavoratori delle
raffinerie e delle centrali nucleari, dell’edilizia, del commercio, della
sanità, in una continua contagiosa volontà di lotta che ha coinvolto sempre più
numerosi settori popolari, nonostante la feroce repressione poliziesca e i
numerosi arresti e feriti che hanno avuto, fra l’altro, il ruolo di impedire,
occupando le colonne dei giornali come notizia principale, di far emergere le
vere e giuste motivazioni dei lavoratori contro la Loi Travail
Una protesta del mondo del lavoro alla quale si
sono affiancati gli studenti in modo straordinariamente attivo, aggiungendo
alle proteste dei lavoratori francesi l’energia esplosiva e affascinante della
contestazione giovanile che si è organizzata in manifestazioni e occupazioni delle
scuole, oltre che nell’organizzazione delle “Nuits debout” (notti in piedi).
Un’unità fra lavoratori e studenti che fa riecheggiare nelle strade parigine il
ricordo della straordinaria esperienza del Maggio 1968 e che non si limita a
criticare soltanto la Loi Travail ma anche il mondo che l’ha concepita, cioè il
sistema capitalista.
Quello francese sembra essere un movimento che
non intende farsi ricattare ed, infatti, non si è lasciato intimorire dal
ricatto del governo che, sfruttando gli attentati del novembre scorso, ha
decretato misure fortemente restrittive di controllo sociale, e nemmeno è
caduto nella trappola rappresentata dall’appello governativo all’“unità
nazionale” (cioè all’unità fra sfruttati e sfruttatori). E la
determinazione di questo movimento si evince anche dal fatto che non si è
prestato ascolto alle promesse che nell’ultimo periodo i vari
rappresentanti del governo, spaventati dalle mobilitazioni, hanno pronunciato
circa la possibilità di qualche modifica della legge, che inizialmente avevano
escluso. Il ritiro completo: questo era, e rimane, l’obiettivo.
La solidarietà internazionale e la necessità di uno sciopero ad oltranza
In Italia, il 14 giugno, sono state organizzate
iniziative di solidarietà con la lotta francese, a Firenze, Roma, Bologna e in
altre città d’Italia. La protesta francese, infatti, nonostante la censura o la
calcolata sottovalutazione da parte degli organi d’informazione padronali, sta
assumendo un’importante valenza internazionale ed è contagiosa, come hanno dimostrato,
ad esempio, le recenti lotte della classe lavoratrice belga che ha scioperato
contro una riforma del lavoro simile a quella del governo Hollande e dove il Cgsp, il principale sindacato belga, si è
dichiarato deciso a non interrompere le manifestazioni e i blocchi, annunciando
scioperi generali e ad oltranza
Le riuscite e radicali mobilitazioni dei
lavoratori francesi sono state il frutto di una pressione della base nei
confronti del sindacato confederale francese, la Cgt, il più grande sindacato del
Paese, che si è visto costretto ad abbandonare le iniziali titubanze e a
proclamare scioperi e mobilitazioni sempre più radicali. Ma i numeri impressionati delle mobilitazioni sono anche il frutto del
fronte di lotta sindacale che le varie sigle sindacali sono riuscite ad
organizzare, diversamente da come accade in Italia dove ogni sigla sindacale
tende a costruirsi la sua giornata di sciopero e dove sono puntualmente
boicottati e infamati, da parte delle burocrazie sindacali, i tentativi di
unità di classe come, ad esempio, quello rappresentato dal Fronte di lotta No
Austerity (1). Le proteste di questi
mesi in Francia, invece, sono state organizzate in modo unitario e continuativo
da Cgt, Fo, Fsu, Unef, Unl, Fidl e
Solidaires.
Solidaires è il sindacato di
base che aderisce alla Rete sindacale internazionale e che si è speso in modo
convinto e attivo, attraverso numerosi appelli, affinché la protesta della
classe lavoratrice francese non sia isolata e per la necessità di preparare uno
sciopero ad oltranza; i rappresentanti di Solidaires, infatti, hanno ribadito
che anche altre organizzazioni sindacali
nazionali (CNT-SO, CNT, alcune federazioni della CGT), moltissime strutture
sindacali interprofessionali regionali o locali, migliaia di sindacalisti (in particolar
modo raccolti intorno all’appello Blocchiamo tutto – onbloquetout.org) e una
parte dei partecipanti alle Nuits Debout sostengono la proposta dello
sciopero ad oltranza fino al ritiro della riforma.
La strada maestra
Il 28 giugno è la giornata del voto in Senato e la giornata di una nuova
lotta nelle piazze.
Il presidente Francois Hollande ha dichiarato
che il governo “andrà fino in fondo” e indica nella legge reazionaria la
soluzione per risolvere il dato di disoccupazione che è oltre il 10%.
E’ chiaro che non è
possibile continuare con scioperi singoli e il movimento francese avrà bisogno
di un balzo in avanti, di alzare il livello dello scontro.
La proposta dello sciopero ad
oltranza sembra essere l’unica soluzione per arrivare all’obiettivo (il
completo ritiro della Loi Travail) ed avrà la necessità di essere sostenuta da
una sempre più estesa solidarietà internazionale non solo simbolica, ma
concreta, attraverso l’attivazione di casse di resistenza per i lavoratori e le
loro famiglie (come già sta accadendo con i numerosi comitati di sciopero e
casse di resistenza già attivi nel Paese).
La trappola dei referendum
(usati spesso per istituzionalizzare le lotte, smobilitare le piazze e consegnare
le decisioni che riguardano i lavoratori ai
padroni), la trappola di mobilitazioni che anziché coinvolgere dividano
(come nel caso dell’indizione di scioperi di categoria, regionali, o in orari e
giornate diverse), gli accordi sottobanco, i ricatti e gli appelli al “bene del
Paese”, (come se nel capitalismo non ci fosse un’insanabile contraddizione fra
capitale e lavoro che rende impossibile un bene comune), sono gravi e tragici
pericoli. Pericoli che rappresentano l’altra faccia della medesima medaglia su
cui è stampata la violenza dello Stato attraverso la repressione e i manganelli
della sua polizia sui lavoratori in lotta (e le recenti manifestazioni francesi
sono stati un esempio clamoroso di tale violenza).
All’ambiguo No all’ Unione
europea rappresentato dal risultato elettorale della Gran Bretagna (cavalcato
dalla destra razzista e dai movimenti populisti e reazionari in Italia e nel
resto d’Europa), che punta il dito contro la forma istituzionale (l’Unione
europea) ma non contro la sostanza (il capitalismo) di cui l’Unione europea è
soltanto lo strumento, è necessario contrapporre e indicare com’esempio, per
l’uscita dalla crisi, il chiaro, solidale, coraggioso NO dei lavoratori e delle
masse popolari francesi che stanno usando gli strumenti della tradizione del movimento operaio, gli
unici che, nella Storia, hanno dimostrato di essere in grado di piegare il
potere.
Al di là dai sondaggi
elettorali, nella concreta realtà di tutti i giorni, la classe lavoratrice
francese in lotta si sta smarcando dalla destra del Front National
che, nonostante si sia dichiarata contraria alla Loi Travail, non ha la
possibilità di egemonizzare questo scontro perché i lavoratori francesi hanno
fatto la loro scelta e lo hanno portato nella sua dimensione corretta che è
quella dello scontro di classe. E in questo scontro il Front National è
storicamente dall’altra parte della barricata rispetto ai bisogni del
proletariato francese. Questi avvenimenti ci confermano quanto è vero che “la lotta contro il
fascismo non comincia nelle redazioni dei giornali liberali, ma nelle fabbriche,
per terminare nelle strade..” (2)
Da mesi,
infatti, nelle strade, nelle piazze, nei luoghi di lavoro a Parigi, a Bordeaux,
a Nantes, a Le Havre, in gran parte del Paese, riecheggiano parole d’ordine per la difesa dei diritti,
contro il razzismo, per la fratellanza e la giustizia sociale, per l’
aspirazione ad un mondo più equo.
Se le politiche contro i lavoratori saranno
sconfitte in Francia, si aprirà una prospettiva di lotta di classe anche per
gli altri Paesi e la parola d’ordine “Facciamo come la Francia” riecheggerà in
tutte le piazze e le strade d’Europa.
Note:
1) Per info su Fronte di Lotta No Austerity:
http://www.alternativacomunista.it/content/view/2323/1/
2) Lev Trotsky, “Programma di transizione”, Massari editore, pag. 91