
Frammentata e divisa (col suo regime politico in putrefazione e i suoi partiti messi a nudo), la borghesia brasiliana cerca trovare possibili alternative per uscire da questo pantano ed evitare che un’entrata in scena dei lavoratori e delle masse acutizzino ancora di più questa crisi. Nel parlamento i deputati si prendono a pugni, mentre fuori i lavoratori cercano di avanzare verso gli edifici del potere e si scontrano con la repressione.
In questo contesto, la sinistra brasiliana (all'interno della quale non includiamo il Pt) si trova in un momento di unità d’azione per fermare le riforme e sconfiggere Temer. Le stesse burocrazie delle principali centrali sindacali (come la Cut petista e Forza sindacale, più di destra) sono intrappolate tra la propria vocazione capitolazionista, da un lato, e gli attacchi della borghesia e del governo, e la pressione delle proprie basi, dall’altro. Per questo, non riescono ad arginare le azioni di lotta. Entrambi i fatti sono positivi perché potenziano le azioni dei lavoratori e delle masse, come le grandi mobilitazioni del 15 marzo, il riuscito sciopero generale del 28 aprile e, ora, la marcia di Brasilia. Per questo, è necessario mantenere fino in fondo questa unità d’azione fino al conseguimento degli obiettivi comuni che ne stanno alla radice.
Allo stesso tempo, la situazione stessa esige di sviluppare gli imprescindibili dibattiti interni alla sinistra su due aspetti legati tra loro ma differenti. Il primo è il bilancio di analisi, caratterizzazioni e politiche che ciascuna corrente ha sviluppato durante tutto il periodo precedente. Il secondo (adesso in gran parte il principale) è quale politica deve essere proposta ai lavoratori e alle masse per avanzare nella loro lotta.
Questo dibattito si svolge non solo all’interno della sinistra brasiliana, ma in tutta l’America latina, in special modo in Argentina. Ci riferiamo alle principali polemiche che abbiamo avuto e abbiamo con le due principali organizzazioni trotskiste argentine (il Partito Obrero – Po e il Partito dei Lavoratori Socialisti – Pts) che hanno dedicato e dedicano grande attenzione al Brasile nelle loro pubblicazioni.
In questi anni, tanto il Po quanto il Pts (analogamente alla maggioranza della sinistra latinoamericana) hanno asserito che in America Latina esisteva una “ondata reazionaria”. Ovvero, che la borghesia e le sue espressioni politiche (specialmente quelle di destra) erano all’attacco e i lavoratori e le masse sulla difensiva. Questa definizione si basava essenzialmente sui risultati delle elezioni: l’elezione di Maurizio Macri come presidente dell’Argentina, la dura sconfitta del governo venezuelano di Nicolàs Maduro alle elezioni parlamentari, la sconfitta di Evo Morales nel plebiscito per autorizzare una nuova rielezione, ecc. Si riteneva che erano nati governi borghesi di destra più forti, con molta più capacità di colpire duramente i lavoratori attraverso licenziamenti, sospensioni, abbassamenti salariali, peggioramento delle condizioni lavorative, indebolimento del sistema pensionistico, ecc. Sebbene contenesse parziali elementi di verità, questa analisi era complessivamente sbagliata e portava, come vedremo, a politiche altrettanto sbagliate.
In primo luogo, partiva dal considerare come principale elemento della realtà i risultati elettorali. Vale a dire, fenomeni sovrastrutturali. E attraverso essi semplificava i complessi processi della coscienza dei lavoratori e delle masse che il sistema elettorale borghese deforma e distorce. L’aspetto centrale di tale analisi, senza dubbio, era il trascurare che i lavoratori e le masse non erano state sconfitte sul terreno della lotta di classe e, al contrario, si mostravano disponibili a lottare e lottavano, scontrandosi con gli attacchi.
Allo stesso tempo, è certo che i nuovi governi di destra nascevano per portare avanti gli attacchi alle masse. Ma dare a intendere che tali attacchi erano conseguenza solo del sorgere di questi governi significava “abbellire” i governi borghesi di fronte popolare o populisti in crisi, che già li avevano realizzati in precedenza (come quello di Cristina Kirchner in Argentina o di Dilma Rousseff in Brasile). Alzando lo sguardo al mondo, c’era l’esempio di Syriza in Grecia. C’erano sì duri attacchi, ma questi erano portati avanti da tutti i governi borghesi, di qualunque “colore” fossero.
Da parte nostra, sostenevamo che la dinamica di una situazione politica nazionale si definisce sul terreno della lotta di classe e osservavamo che le masse stavano resistendo e lottando. Chiaro che si poneva la possibilità di una sconfitta delle masse. Ma, sulla base di un'analisi profonda della realtà, non avevamo motivo di essere pessimisti, cosicché scommettevamo sulla loro lotta. Sarebbe stato sulla base del risultato di queste lotte che si sarebbe definita la dinamica, e non su quello delle elezioni. Basta vedere la situazione dell’Argentina, con grandi lotte e mobilitazioni di massa e un governo che difficilmente può definirsi “rafforzato”, per verificare l’una e l’altra analisi.
La destituzione di Dilma e l’insediamento di Michel Temer alla fine si concretizzarono. Siccome queste correnti non potevano parlare di golpe militare classico, utilizzarono una nuova categoria: il golpe “istituzionale” (forma diversa ma dal contenuto simile al precedente). La logica conclusione era che il regime di dominazione della borghesia si era rafforzato. In realtà, non inventavano nulla: si limitavano a fare proprio il discorso di Dilma, Lula e il Pt, che lo avevano escogitato per nascondere il proprio fallimento e per spiegare perché le masse non muovessero un dito per difendere il loro governo, per potersi tingere un po' di “colore rosso”.
In numerosi articoli della Lit e del Pstu brasiliano, ci siamo confrontati con questa visione sbagliata. Abbiamo segnalato che non poteva definirsi “golpe” un’azione parlamentare che si inquadrava all’interno della Costituzione e che non modificava il regime democratico borghese vigente.
Quello che accadeva in Brasile – dicevamo – non era un “golpe” ma qualcosa di totalmente diverso: la lotta tra due blocchi borghesi (il blocco di governo del Pt e quello dell’opposizione borghese di destra). Una lotta per decidere chi dovesse governare in questo momento di crisi e applicare con maggiore efficacia l’aggiustamento fiscale dei banchieri e della borghesia. Una lotta che si definiva all’interno dello stesso regime. In relazione a ciò, ritenevamo che, lungi dal rafforzarsi, con l’impeachment di Dilma e l’insediamento di Temer questo regime si indeboliva ancora di più, e che il nuovo governo fosse debole come e più di quello Dilma.
Questa definizione di “golpe istituzionale” non solo mascherava la realtà ma aveva anche conseguenze politiche molto profonde. In primo luogo, prima dell’impeachment, rappresentò un “ponte” per capitolare al Pt e al suo governo in agonia, perché l’asse era “difendere la democrazia contro il golpe”. Pertanto, veniva considerato un grave errore chiamare i lavoratori e le masse ad abbattere con la propria lotta il governo Dilma, assieme al Parlamento corrotto e a tutta l’opposizione borghese di destra, come proponevano la Lit-Qi e il Pstu. Una politica per la quale fummo qualificati come “funzionali alla destra”.
Dopo l’impeachment e l’insediamento di Michel Temer, questo dibattito precedente ha perso peso ed è iniziato un periodo di unità d’azione nella lotta per abbatterlo. Però il tema della definizione di “governo golpista” ha continuato (e continua) ad esserne conseguenza. Mentre il Pstu e la Lit completano questa proposta con il “Via tutti” (intendendo esprimere con questa parola d’ordine la lotta contro l’insieme del regime, i suoi partiti e i suoi politici corrotti), queste correnti continuano a limitarsi al Via Temer (ancora oggi!). Continuano ad agire in sintonia con la politica del Pt. A parole si collocano alla sua sinistra, ma nei fatti continuano a capitolare al Pt.
È necessario fare una precisazione. Sebbene coincidano nell’essenziale della loro politica, la forma con la quale la portano avanti è differente. Il Po è un partito essenzialmente nazional-trotskista, la cui corrente ha una presenza scarsa o inesistente in Brasile. Si limita, in molti casi, a lunghi articoli di Jorge Altamira (il suo principale dirigente) finalizzati a dare “consigli”.
Il Pts prova a costruire un'organizzazione internazionale (la Frazione Trotskista – Ft ) che in Brasile si esprime attraverso il Movimento rivoluzionario dei lavoratori – Mrt. Per questo, va più a fondo nell’applicazione delle sue posizioni. Ad esempio, l’anno scorso divisero la manifestazione del Fit in Argentina, il 1° Maggio, per fare la loro propria manifestazione “contro il golpe in Brasile”. Durante il processo di impeachment di Dilma, nel momento in cui il blocco di deputati del Psol diveniva la “base parlamentare” del governo Dilma e del Pt (senza una sola critica a questo governo), l’Mrt portava avanti il tentativo di entrare nel Psol. Ancora una volta, la politica alla stregua di un treno: il Psol capitola al Pt, l’Mrt cerca di entrare nel Psol…
In quel momento sostenevano: “Il Psol è un partito che, aldilà di tutto, alle ultime elezioni, con la candidatura di Luciana Genro e diversi deputati, si è mostrato come un'alternativa a sinistra del Pt per un importante auditorio di massa. Luciana ha guadagnato 1,6 milioni di voti come importante espressione della lotta ai settori più conservatori della politica brasiliana”. Per questo, la proposta del Mrt era di “lottare con le nostre idee rivoluzionarie dentro il Psol per costruire una forte alternativa dei lavoratori” (“Manifesto do Movimento Revolucionário de Trabalhadores, em campanha pelo #Mrt noPSOL”, traduzione nostra).
E aggiungevano: al contrario, “il Pstu, nonostante porti avanti punti corretti di programma, sta rinunciando a presentarsi come una vera alternativa, sempre più ristretto ad un sindacalismo che agita nella propaganda lo ‘sciopero generale’, ma non dà una risposta alla crisi del Pt né alla lotta di classe”. In un altro documento, l’Mrt considera che, per la differenza di voti ottenuta dai due partiti alle elezioni del 2015, “quello che dobbiamo avere chiaro è che la tendenza è l’emersione politica del Psol di fronte alla crisi del Pt e che il Pstu si consolida come una grande setta sindacalista che sparisce dal terreno politico”, nonostante il riconoscimento che “nella CSP-Conlutas stanno i sindacati antigovernativi del Paese”.
Vale a dire, per l’Mrt-Pts, l’importante al fine di avere peso politico ed “essere alternativa” è ottenere molti voti e deputati. Al contrario, se si ha peso di direzione nella centrale nella quale si raggruppano i sindacati più combattivi (cioè, peso strutturale e organizzativo nella classe lavoratrice) ma si guadagnano pochi voti, un partito si converte in una “grande setta sindacalista”, senza futuro politico. Così, questa corrente cade in una piccola dimenticanza: il concetto di Lenin per il quale i risultati elettorali sono molto importanti ma “cento volte di più” lo sono gli scioperi e le lotte dei lavoratori.
È cosa buona, poi, sottoporre le proposte di ciascuna organizzazione alla prova della realtà. Lungi dal trasformarsi in “una grande setta sindacalista” il Pstu (essenzialmente attraverso la sua azione nella CSP-Conlutas) è stato uno dei protagonisti (minoritario, ma protagonista vero) dei recenti fatti della lotta di classe, come le mobilitazioni di marzo, lo sciopero generale di aprile e la marcia di Brasilia. Gran parte di questo protagonismo lo si è dovuto all’agitazione instancabile della necessità di uno sciopero generale come metodo di lotta dei lavoratori e come necessità della realtà, contro la maggioranza della sinistra che ci qualificava come “pazzi” (o come “propagandisti”, vedi l’Mrt-Pts). Nel frattempo, l’Mrt-Pts è diventato un “satellite” del Psol che, a sua volta, agisce come un satellite del Pt, attraverso il Frente Povo sem Medo [Fronte del popolo senza paura; n.d.t.]. Il Po è ancora più triste: si limita a dare “consigli” che, tra l’altro, sono sbagliati.
Oggi il Pts e il Po hanno abbandonato la definizione di “ondata reazionaria” in Brasile e si pongono dal lato del più ampio appoggio allo sciopero generale. Noi ci rallegriamo di questo. Però un po’ di onestà politica (tipo dire: “ci siamo sbagliati”) non sarebbe male.
Da un lato, la dirigente dell’Mrt Diana Asunção, in un articolo del 18/05 scorso, riprodotto sulla pagina Izquierda diario del Pts argentino, dopo aver analizzato una situazione di profonda crisi del regime borghese e di approfondimento delle mobilitazioni, scrive:
“Abbiamo bisogno di un forte sciopero generale per far cadere Temer e imporre un’Assemblea Costituente libera e sovrana, che metta profondamente in discussione le basi di questo putrido regime politico e cambi le regole del gioco, non solo i giocatori. L’unico modo di porre le grandi questioni strutturali del Paese in mano ai lavoratori e alla popolazione è imporre con i metodi della lotta questa nuova Costituente, nella quale poter eleggere nostri rappresentanti e annullare tutte le riforme di Temer, Lula e Fernando Henrique Cardoso, lottare per la fine del pagamento del debito pubblico, la statalizzazione sotto l’amministrazione democratica dei lavoratori di tutte le grandi imprese statali del Paese, la riforma agraria radicale e che i giudici e i politici siano eletti e revocabili, ricevendo lo stesso salario di un lavoratore. Partecipiamo alle mobilitazioni per il “Via Temer” con questa prospettiva. Crediamo che sia un processo che possa servire affinché i lavoratori e i giovani possano fare un’esperienza profonda della democrazia degli imprenditori e dei banchieri, e anche di ciò che propongono i rivoluzionari: un governo dei lavoratori, di rottura con il capitalismo, una democrazia diretta basata su organismi di auto-organizzazione dei lavoratori, unica forma politica capace di porre i lavoratori come soggetti che pensano a tutto il funzionamento del Paese…”
Dall’altro lato, il Po (nell’articolo del già citato Jorge Altamira, del 20/05), con impostazione simile nell’analisi, propone:
“La questione del momento, in Brasile, è guadagnare le strade permanentemente e dare impulso ad un nuovo sciopero generale. In queste condizioni, la convocazione di una Costituente libera e sovrana si convertirebbe in un canale superiore di mobilitazione politica delle masse, e potrebbe porre la questione del potere: il governo dei lavoratori. In Brasile, come in tutta l’America latina, la soluzione della questione della direzione della classe operaia è la chiave per trasformare le crisi ripetute in crisi di potere e rivoluzionarie, e nella possibilità di un governo dei lavoratori.”
I ragionamenti sono diversi. Nel caso dell’Mrt-Pts, una necessità reale (che i lavoratori e i giovani possano fare un’esperienza profonda della democrazia degli imprenditori e dei banchieri) si trasforma nell’argomento per vendere di contrabbando una specie rara: una Assemblea Costituente che sarebbe, allo stesso tempo, un organismo della democrazia borghese e un soviet camuffato che si assumerebbe i compiti propri di un organismo di podere operaio e sarebbe inoltre una specie di “transizione” fino al potere. Nel caso del Po, l’argomento è che questa proposta sarebbe una leva per uno stadio superiore di mobilitazione politica delle masse e solo allora si potrà porre la questione del potere e la possibilità di un governo dei lavoratori. Però entrambi si sbagliano e, attraverso percorsi differenti, conducono ad una prospettiva politica pericolosissima: la lotta per un’Assemblea Costituente come asse del programma che i rivoluzionari devono presentare alle masse.
L’appello a lottare per un’Assemblea Costituente (organismo della democrazia borghese) può essere molto utile in due momenti: quando si lotta per abbattere una dittatura o un regime bonapartista repressivo, e nel periodo immediatamente successivo, quando questo vecchio regime è stato abbattuto e le masse hanno profonde illusioni nella democrazia borghese e nelle sue istituzioni, e chiedono una nuova Costituzione che rimpiazzi quella precedente. Però, anche in questi momenti, in cui può essere uno strumento molto utile, mai può essere l’asse di un programma rivoluzionario.
In questa situazione, i principali compiti dei rivoluzionari sono aiutare lo sviluppo della lotta e, in questo contesto, come asse della loro attività, dare impulso alla nascita di organismi di auto-organizzazione e doppio potere operaio. Non si tratta di un compito per il futuro ma per il presente. E la possibilità di abbattere Temer con la lotta rende ancora più acuta questa necessità.
Certamente nella realtà esiste un'acuta contraddizione: Temer può cadere per la lotta e questi organismi ancora non esistono. Si tratta, dunque, di piantare i loro semi e di realizzare concretamente quali organismi saranno i dirigenti e gli organizzatori della lotta per avanzare una proposta di potere operaio che sia legata alla realtà e sia comprensibile alle masse. È necessariamente nel processo vivo della lotta che questi organismi possono sorgere. Nel frattempo, come diceva Lenin, bisogna “spiegare pazientemente” la soluzione di fondo (la presa del potere da parte dei lavoratori e delle masse).
La parola d’ordine dell’Assemblea Costituente, al contrario, mette nuovamente questo processo di lotta nel “recinto” e nella trappola della democrazia borghese (il voto universale). In pratica, sconfiggiamo con la lotta il governo Temer ed il Parlamento corrotto e, allo stesso tempo, diciamo ai lavoratori che non devono prendere il potere con propri organismi (pur avendo il diritto di farlo) ma che si tratta piuttosto di convocare un’Assemblea Costituente per… votare un organismo borghese. Vale a dire, far tornare indietro ciò che i lavoratori hanno fatto avanzare con la loro lotta. Per questo, la proposta di Assemblea Costituente come asse di un programma rivoluzionario in questo contesto finisce per essere una trappola mortale per la lotta e una nuova capitolazione di queste correnti alla democrazia borghese.
E questa critica è valida tanto per il Pts (che pretende di prendersi gioco della vita e del processo reale dell’esperienza e della radicalizzazione delle masse, per mezzo dell’artificio di voler camuffare un organismo sovietico dentro uno borghese) quanto per il Po, che ci dice che ancora non possiamo chiamare i lavoratori a lottare per il potere.
Perché il Po e il Pts-Mrt (due organizzazioni che si rivendicano trotskiste e rivoluzionarie) cadono ancora una volta in queste capitolazioni alla democrazia borghese? Per noi sono entrambi affetti da un’ “infermità” che ha un nome chiaro: opportunismo elettoralista. Un male che già ha “trasformato” gran parte della sinistra argentina, brasiliana e mondiale e che, per quanto visto, non lascia immuni coloro che si considerano dei “super rivoluzionari”.
È l’azione corrosiva della politica dell’imperialismo e della borghesia, che abbiamo denominato “reazione democratica”. Da un lato, è volta ad evitare o sviare le lotte e le rivoluzioni, portandole sul binario morto della democrazia elettorale e parlamentare borghese. Dall’altro, corrode e corrompe organizzazioni rivoluzionarie che credono di poter “farsi beffa della storia” ricorrendo ad una strada che sembra più facile (voti e deputati), ma che li porta a trasformarsi in un’altra cosa e a perdere il proprio carattere rivoluzionario. Ora sembra che la vita passi attraverso le elezioni e il parlamento, e tutto si orienta in funzione di esso, anche se si continua a fare appello “alla lotta”.
Proprio per questo, l’asse del loro programma per la fase attuale in Brasile è l’Assemblea Costituente (in ultima istanza, un parlamento borghese). Per questo motivo l’Mrt vuole entrare nel Psol (perché ha voti e deputati). E ciò si manifesta in Argentina, dove il suo baricentro è l’attività elettorale e parlamentare del Fit, e in Brasile, dove vorrebbero raggiungere questo stesso livello di successo elettorale.
Per evitare false discussioni: non nutriamo alcun “cretinismo” antielettorale o antiparlamentare. Proprio come sostenevano Lenin, Trotsky e la III Internazionale, siamo a favore della partecipazione alle elezioni con nostri candidati per diffondere e popolarizzare il programma rivoluzionario tra le masse. Nel quadro di questa attività, vogliamo ottenere il maggior numero di voti per questo programma e, se è possibile, eleggere deputati o parlamentari affinché siano tribuni della classe operaia in un'istituzione nemica e aiutino a eroderla e distruggerla. Ciò verso cui siamo totalmente contrari è trasformare questa nell’attività centrale e nell’asse di un partito rivoluzionario (cioè, in qualcosa di più di “un punto d’appoggio secondario”, come secondo l'espressione di Lenin). O di misurare gli avanzamenti e il peso di un partito solo (o essenzialmente) per i voti che ottiene e non per la sua costruzione strutturale ed il suo peso nelle organizzazioni della classe operaia.
Per noi, il centro della nostra attività passa per le crescenti lotte operaie e popolari che si svolgono in entrambi i Paesi, ed è da lì che vogliamo costruire la vera via d’uscita per i lavoratori e le masse oppresse.
(traduzione dallo spagnolo di Nico Buendia)