
A nome di Conlutas Didi girava instancabilmente tutti i continenti, passando da un picchetto a una assemblea operaia, da un congresso a un corteo. L'anno scorso era stato tra i promotori della costituzione a Parigi della Rete sindacale internazionale. Didi era brasiliano ma in realtà era anche italiano, francese, africano. Le questioni sindacali e politiche della classe operaia di ogni Paese lo interessavano tanto quanto quelle del suo Paese natale.
E' questo che ha colpito molti compagni che lo hanno conosciuto negli ultimi anni: nonostante fosse sempre più fisicamente provato dalla malattia, esile, quasi spettrale, si rifiutava di fermarsi, anche solo di riposarsi. Sempre sorridente, con la battuta pronta, ironico e autoironico, sottoponeva il suo corpo malato a fatiche che avrebbero stremato una persona sana. Molti altri al suo posto avrebbero dedicato gli ultimi mesi di vita a sé stessi: per Didi questo era impensabile.
Riflettendoci ora capiamo che in questo ultimo periodo Didi stava offrendo il suo sforzo in forma esemplare alle centinaia di lavoratori e giovani in lotta che lo incontravano nelle piazze, nelle manifestazioni. Stava affermando, consumando le ultime energie, che la vita è degna di essere vissuta solo se si lotta incessantemente per cambiare il mondo con la rivoluzione. Ci insegnava cosa significa concepire la propria vita in funzione del più grandioso dei progetti collettivi, il socialismo.
Nei momenti di stanchezza, di fronte alle difficoltà gigantesche che incontriamo e incontreremo sulla strada della costruzione del partito rivoluzionario, sulla strada della rivoluzione socialista, il ricordo della forza di Didi, del suo sorriso, ci sarà prezioso.
Viva la Lit! Viva la Quarta Internazionale!