
Il risultato delle elezioni politiche greche ha rappresentato un chiarissimo e plebiscitario voto popolare di rifiuto della Troika e dei suoi piani di aggiustamento strutturale approvati allo scopo di mantenere il Paese nell’eurozona: sono stati puniti i due partiti, di centrodestra e centrosinistra (Nuova Democrazia e Partito Socialista), che hanno sostenuto il governo Papademos responsabile di aver gettato la Grecia in un baratro economico e sociale senza via d’uscita, imponendo ai lavoratori e alle masse popolari un arretramento storico per salvare le banche; sono cresciute tutte le altre forze che, in qualche modo, si erano opposte a queste politiche, dalla coalizione di sinistra “radicale” Syriza al Partito Comunista (Kke) e a Sinistra democratica, fino – dal versante opposto – al partito neonazista Alba dorata.
Al momento appare problematica la formazione del nuovo governo a causa della frammentazione delle forze in parlamento e dell’inconciliabilità dei programmi espressi
La Francia, dopo l’era Sarkozy, ha svoltato. L’elettorato ha punito il presidente uscente, premiando invece l’opzione politica di François Hollande e del Partito Socialista e confermando la “regola” per cui in questa fase viene sanzionato chi tra i partiti borghesi ha governato per ultimo. E, così come in Grecia, il Fronte nazionale dell’estrema destra fascista, con alla testa Marine Le Pen, è enormemente cresciuto nei consensi, intercettando gran parte del malcontento popolare e incanalandolo su un programma populista reazionario, xenofobo e razzista.
Il fatto è che, al di là dei proclami elettoralistici di Hollande contro le regole dell’austerity dettate dalla Germania, gli interessi dell’imperialismo francese, benché confliggenti con quelli tedeschi, coincidono con questi ultimi nel progetto di dominio sull’Europa allo scopo di scaricare gli effetti della crisi sulla periferia del continente. Sicché, l’ipotesi più plausibile per l’immediato futuro è che Angela Merkel farà qualche concessione di facciata al neoeletto presidente francese, che si accontenterebbe così di alcune aperture per salvare la faccia.
Fatte le debite differenziazioni con il Paese ellenico e con quello transalpino, le consultazioni amministrative in Italia hanno delineato un quadro generale in linea con quanto emerge da Grecia e Francia. Anche da noi, la domanda di cambiamento ha determinato, passando attraverso lo specchio deformato delle elezioni borghesi, notevoli contraddizioni che andremo analizzando specificamente nei testi di prossima pubblicazione su questo sito e sul giornale Progetto Comunista.
In linea generale, possiamo affermare che emerge un diffuso rifiuto delle politiche di rigore, che si esprime sia nel crescente astensionismo, sia nella responsabilizzazione dei partiti che quelle politiche hanno portato avanti negli ultimi anni approfondendole nell’attuale fase politica e rendendo ancor più pesanti gli effetti della violenta crisi economica.
In questo senso va letto il crollo pesantissimo del Pdl e della Lega Nord, su cui hanno influito anche i numerosi scandali di vario tipo (da quelli sessuali di Berlusconi a quelli finanziari in cui è rimasto coinvolto lo stato maggiore del partito di Bossi). L’appoggio al governo Monti e alle sue draconiane misure costituisce una ragione in più della débacle. La stessa ragione per cui il Pd di Bersani, pur non registrando un così cospicuo salasso di voti, comunque non viene visto come una reale alternativa e subisce un sensibile calo nei consensi (91.000 voti in meno, rispetto alle regionali del 2010).
Non si salvano l’Idv di Di Pietro (- 55.000 voti) e l’Udc di Casini, che perde il 6,5% dei consensi ricevuti nel 2010, mostrando in particolare i limiti del progetto moderato del Terzo Polo, soprattutto nel quadro del suo entusiastico appoggio al governo del tecnocrate Monti.
Il Movimento 5 Stelle del comico Beppe Grillo è l’unico reale “vincitore” di questa tornata elettorale, confermando un’ascesa annunciata nelle precedenti consultazioni elettorali. Questa controversa formazione politica – su cui abbiamo già in passato avanzato un’analisi (1) – è riuscita nel tempo a intercettare (e a consolidare) il diffuso consenso di settori popolari in virtù di una proposta populista dal fondo reazionario, giustizialista e qualunquista. Grazie, poi, alla capitolazione della sinistra governista (Prc e Sel) e alle posizioni liberali del Pd, presentandosi dietro una facciata apparentemente radicale, ha beneficiato dei voti in libera uscita di molti militanti delusi di quei partiti. Infine, la connotazione ambiguamente “antisistema” che il grillismo incarna, ha consentito al M5S di drenare anche le simpatie di gran parte dei consensi di elettori leghisti che altrimenti, complici le vicende scandalistiche che in queste ultime settimane hanno mostrato la perfetta integrazione della Lega Nord nel sistema corrotto della politica borghese, si sarebbero rifugiati nell’astensionismo.
Tutte queste ragioni spiegano l’ottimo risultato generale di questa formazione e, in particolare, la sua affermazione soprattutto al nord e nelle cosiddette ex “regioni rosse”.
Per quanto riguarda il voto a sinistra, mentre continua il declino di quel che resta di Rifondazione comunista, Sel di Vendola ha visto di gran lunga ridimensionate le proprie aspettative.
Sicuramente, la violenta crisi economica e la scelta del Pd di Bersani di “governare” le misure di rigore imposte dalla Troika attraverso l’appoggio al governo Monti hanno fatto sì che la collocazione di Sel come “ala sinistra” del Pd ne determinasse anche la stagnazione. Anche l’ossessiva competizione col Pd da parte di Vendola attraverso il giocattolo della partecipazione alle primarie di coalizione ha comportato il coinvolgimento di Sel nei giochi sporchi che da queste sono scaturiti e la percezione, in una parte dei settori che guardavano con attenzione nella sua direzione, dell’esaurirsi di una “novità”. Tutto ciò spiega perché Sel non raccolga ciò che tutti i sondaggi fino a poche settimane fa le preconizzavano, attestandosi su cifre ben più modeste che stanno strette a Vendola, se è vero che solo ora inizia a pungolare Bersani affinché cominci a pensare di rompere con Monti (2).
Rifondazione, invece, conferma la sua parabola declinante, a dispetto delle analisi di taluni suoi dirigenti (3). Basti guardare ai dati delle precedenti elezioni amministrative negli stessi Comuni in cui s’è votato il 6 e 7 maggio per verificare l’ulteriore ridimensionamento numerico di un partito in forte crisi politica, di militanza e persino economica. Solo alcuni esempi per rendercene conto. A Genova, nel 2007 il Prc ebbe oltre 15.000 voti e il Pdci quasi 6.500; oggi, riuniti nella Fds, ne hanno poco meno di 5.300. A Pistoia passiamo dagli oltre 2.100 del Prc e dai quasi 4.200 del Pdci agli attuali 1.172 della Fds. A Parma, dai 3.200 del 2007 ai 1.290 di oggi della sola Rifondazione. A Taranto, dagli oltre 2.500 agli attuali 725 … E potremmo continuare.
Sul risultato delle forze centriste – Sinistra Critica e Pcl – alla sinistra del Prc non è necessario spendere molte parole.
La prima, che sprofonda sempre di più nella crisi del proprio progetto internazionale e nazionale (4), ha presentato un’unica lista in un piccolo Comune della Romagna (davvero poco per un partito che spesso si fa vanto di grandi dimensioni), mettendo poi in bella mostra il risultato sul proprio sito e indicandolo come una sorta di esempio per l'insieme della sinistra....
Il secondo, che ha annunciato da mesi la propria presentazione spacciandola per la prova di un insediamento territoriale a livello nazionale del partito, si ritrova con una manciata di risultati (assoluti e percentuali) in linea (o inferiori) col resto delle forze – la nostra compresa – che si collocano alla sinistra di Rifondazione (5).
Il problema è esattamente qui. Il Pdac non è interessato a rimescolare le carte dei numeri derivanti dalle elezioni borghesi, alle quali partecipa solo per godere di una straordinaria tribuna da cui esporre alle masse il proprio programma, allo scopo di costruire quella direzione rivoluzionaria delle lotte che ancora non c’è e di cui soprattutto oggi c’è così bisogno.
Lo abbiamo scritto anche nella nota da poco pubblicata su questo sito (6). I risultati delle nostre liste a Lecce e a Verona, benché – come quelli degli altri “concorrenti” a sinistra – modesti da un punto di vista numerico, costituiscono un risultato politico che misuriamo in nuove forze militanti e in un allargamento dell'area simpatizzante attorno al nostro partito. Chi invece costruisce il proprio gruppo nella logica dell'elettoralismo non raccoglie nulla politicamente e subisce anzi il boomerang delle piccole percentuali, che è poi costretto a spiegare con artifici contabili o col silenzio (come ha fatto almeno fino ad oggi il gruppo dirigente del Pcl, che pure aveva suonato per settimane la grancassa trionfale: "siamo l'unico partito a sinistra di Rifondazione", "siamo un partito dell'1%", ecc.).
(1) “La demagogia reazionaria di Grillo: l’altra faccia della crisi governista”, all’url http://www.alternativacomunista.it/content/view/1358/47/ .
(2) Intervista a Nichi Vendola su L’Unità del 9/5/2011.
(3) Di “tenuta” parlano Pegolo (http://web.rifondazione.it/home/index.php/democrazia-e-istituzioni/6968-elezioni-amministrative-una-prima-lettura-dei-risultati) e Grassi (http://www.claudiograssi.org/wordpress/2012/05/serve-una-scossa-a-sinistra/), compiacendosi di un risultato del 2,3 – 2,5%, in linea – sostengono – con i risultati delle regionali del 2010. Il fatto è che, pur volendoci riferire a quel dato (che però non costituisce un metro di paragone corretto), andrebbe ricordato che rispetto a quella tornata il Prc e Sel perdono nell’insieme 12.000 voti (- 16%!).
(4) Di cui costituisce un riflesso il risultato deludente dell’Npa francese alle recenti presidenziali.
(5) Vale la pena di ricordare il dato di Genova, nella regione di uno dei due dirigenti nazionali, in cui il Pcl non solo viene superato dal partito di Marco Rizzo (uno degli obiettivi di costante polemica di Ferrando & Co.: forse perché entrambi “pescano” nello stesso bacino elettorale e hanno la stessa concezione mediatica e virtuale di costruzione), quanto addirittura perde circa la metà dei voti che aveva alle precedenti amministrative. Peraltro, ci attendiamo, come i dirigenti del Pcl ci hanno abituato in questi anni, al ricorso alle infinite risorse della matematica creativa… per dimostrare che il loro partito è il primo in Italia!
(6) “Si approfondisce la crisi dei partiti borghesi. Ma la soluzione verrà dalle lotte, non dalle urne”, all’url http://www.alternativacomunista.it/content/view/1637/51/.