Partito di Alternativa Comunista

Mobilitazioni a Los Angeles: Trump aumenta la repressione

Mobilitazioni a Los Angeles: Trump aumenta la repressione

 

 

di Carlos Sapir (Workers’ Voice, Usa)

 

 

Mentre a Los Angeles le truppe della Guardia Nazionale si scontrano con i manifestanti che si ribellano all’Ice [United States Immigration and Customs Enforcement: l’agenzia federale che si occupa delle espulsioni], le mobilitazioni contro l'agenda di Trump e le azioni repressive intraprese per sedarle hanno raggiunto un nuovo livello [ultim’ora: mentre pubblichiamo questo articolo, le proteste si sono estese a San Francisco, New York, Dallas, Atlanta, Seattle…].

 

Le retate dell’Ice e le reazioni

Le massicce retate dell'Ice di venerdì 6 giugno a Los Angeles avevano lo scopo di affermare una nuova «normalità» nella repressione autoritaria e anti-immigrati. Il governo ha fissato l'obiettivo di 3.000 espulsioni al giorno e intende raggiungerlo rastrellando lavoratori in massa sulla base di profili razzisti contro i latinoamericani.
Le retate di venerdì dovevano essere una dimostrazione di forza, colpendo una delle roccaforti storiche del movimento per i diritti degli immigrati. Invece, hanno provocato un'immediata ondata di mobilitazione da parte del movimento, con un forte sostegno anche del movimento sindacale. Centinaia dipersone si sono mobilitate immediatamente per manifestare contro le retate e hanno resistito agli attacchi degli agenti dell'Ice. David Huerta, presidente dei sindacati Seiu California e Seiu-United Service Workers West, era tra i manifestanti ed è stato aggredito e arrestato insieme ad almeno altre 44 persone [attualmente sono centinaia gli arrestati negli Usa].
Mentre i vertici sindacali avevano reagito con timidezza ai precedenti attacchi di Trump contro i lavoratori, stavolta non hanno esitato a rilasciare dichiarazioni in cui chiedono il rilascio di Huerta e difendono le azioni di solidarietà con gli immigrati. Liz Shuler, presidente della federazione sindacale Afl-Cio, ha rilasciato una dichiarazione a nome dei 15 milioni di iscritti alla sua federazione sindacale, mentre gli organismi locali e regionali di tutto il Paese si sono uniti in un’ondata di solidarietà in tutta la nazione. Spinti all'azione, questi sindacati hanno il potere di sfidare e ribaltare il programma di Trump.

 

Una mobilitazione massiccia

Le proteste hanno anche visto una chiara partecipazione di altri movimenti sociali: oltre alle bandiere messicane, che sono una caratteristica comune delle proteste degli immigrati, sono apparse spesso anche bandiere palestinesi (mentre le bandiere statunitensi sono molto meno visibili rispetto al passato). Le persone che scendono in strada per protestare trovano un collegamento tra la politica dell’imperialismo statunitense all'estero e la repressione interna.
Le proteste sono cresciute sabato e sono continuate domenica. Il sindacato Seiu sta organizzando una manifestazione lunedì a Los Angeles e sono previste manifestazioni di solidarietà in tutto il paese. Trump e la sua amministrazione hanno risposto al movimento dando la colpa a Los Angeles e alla California, sostenendo che gli agenti dell'Ice avrebbero dovuto contrastare la «ribellione» e denunciando la polizia di Los Angeles e le amministrazioni locali per non aver represso più rapidamente le proteste.
Mentre le truppe della Guardia Nazionale venivano mandate in città, i marines della vicina base di Camp Pendleton sono stati messi in stato di massima allerta (l'idea di usare i marines è di Hegseth, il segretario della Difesa).
Di fronte a questa sfida, e sapendo che la popolazione della California è schierata con fermezza contro l'Ice, il governatore della California Gavin Newsom e il sindaco di Los Angeles Karen Bass hanno denunciato le misure di Trump, criticando i raid e le ulteriori minacce di Trump contro i manifestanti.
Il dispiegamento di 2000 soldati della Guardia Nazionale a Los Angeles contro le proteste dei funzionari del governo locale e statale non farà che alimentare ulteriormente l'indignazione e l'opposizione alle misure autoritarie di Trump. Con le proteste del «No Kings Day» contro Trump già fissate per il prossimo fine settimana, già in programma da mesi, questo potrebbe facilmente diventare il più grande momento di protesta dall'insediamento di Trump e un potenziale punto di svolta per ulteriori mobilitazioni contro il governo.
I compiti degli attivisti sindacali, di movimento, politici sono chiari: dobbiamo spingere i nostri sindacati (soprattutto quelli che hanno già protestato contro le retate dei lavoratori immigrati) ad agire. Allo stesso modo, dobbiamo mobilitare tutte le nostre forze per sostenere le proteste a favore dei diritti degli immigrati e delle libertà civili, nonché per organizzare le manifestazioni previste per il 14 e 15 giugno e utilizzare questi eventi come opportunità per rafforzare le lotte che ci attendono.

 

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