Partito di Alternativa Comunista

Palestina, la fiera delle ipocrisie

Palestina, la fiera delle ipocrisie

Perché non abbiamo aderito al 7 giugno e saremo in piazza il 21

 

 

di Francesco Ricci

 

Con quasi due anni di ritardo, i partiti della cosiddetta «sinistra» (borghese) hanno manifestato il 7 giugno «per Gaza».
È stata una manifestazione grande, a cui di sicuro hanno partecipato migliaia di compagni e compagne in buona fede. Mentre non sono certo in buona fede i promotori, i vari Schlein, Conte, Fratoianni. La piattaforma della manifestazione era un vero capolavoro d'ipocrisia. Per questo non abbiamo partecipato, così come giustamente non hanno partecipato le principali organizzazioni palestinesi che sono state in prima fila in questi mesi nelle centinaia di manifestazioni da cui mancavano, appunto, gli ipocriti di cui sopra.

 

Smascherare gli ipocriti

In tanti, come noi, hanno denunciato l'ipocrisia dei promotori, che sono poi gli stessi che per quasi due anni, oltre a non partecipare alle mobilitazioni, hanno disquisito sul termine «genocidio», hanno avallato la sporca e falsa equazione antisionismo-antisemitismo, hanno persino manifestato la loro solidarietà a... Israele.
Altri hanno invece commentato che, se pur con ritardo, almeno adesso il centrosinistra si è mosso. Ma è proprio così?
Quali sono le posizioni dei gruppi dirigenti dell'opposizione borghese alla Meloni? Hanno cambiato idea, magari per la pressione della loro base (che è fatta ahinoi anche di milioni di lavoratori e giovani) o piuttosto stanno mimando una indignazione di fronte al genocidio proprio con lo scopo di ingannare questa loro base, di attivisti ed elettori, che esprime un sentimento di ripulsa verso la barbarie sionista?
È sufficiente ascoltare i discorsi alla fine della manifestazione, o vedere nella piazza sventolare, accanto alle bandiere palestinesi, le bandiere dell'entità statale sionista, per convincersi che la risposta giusta è la seconda. Quella stessa bandiera sporca di sangue che i sindaci del Pd, come Lepore a Bologna, hanno fatto sventolare dai municipi il 7 ottobre, come giustamente denunciato dai Giovani palestinesi che nei giorni scorsi hanno interrotto la cerimonia in piazza dell'Università bolognese.

 

Il sionismo mascherato del centrosinistra

Volendo riassumerle, le posizioni dei promotori del 7 giugno sono queste, sintetizzate nell'intervento dal palco di Gad Lerner, che si dichiara orgogliosamente «sionista»:
- primo, si dicono contrari al massacro sionista per meri motivi umanitari, ignorando il progetto colonialista che motiva la barbarie israeliana;
- secondo, continuano a ripetere le menzogne su Israele «Stato democratico», tacendo che si tratta di uno dei pochi Stati al mondo esplicitamente confessionale, integralista, che riconosce diritti in base all'appartenenza etnica, dotato di leggi razziali che distinguono tra ebrei e arabi (o altre etnie)
- terzo, a partire dalla falsificazione di ciò che è Israele realmente (una base militare dell'imperialismo, una fabbrica di armi, una scuola di tortura per le polizie di tutto il mondo), sostengono che Israele ha «diritto a difendersi», seppure con... moderazione;
- quarto, addebitano quelli che per loro sono degli «eccessi» al solo governo di turno, quello di Netanyahu, fingendo di non sapere che all'origine di Israele, nel 1948, sta un gigantesco massacro, la distruzione e il furto di terra, case e di ogni cosa che apparteneva prima di allora ai palestinesi;
- quinto, addebitano equanimemente responsabilità anche... ai palestinesi che si battono contro l'occupazione della loro terra, e definiscono «terrorista» l'atto di guerra del 7 ottobre, diretto da Hamas e da una dozzina di altre organizzazioni sostenute da tutta la popolazione palestinese;
- sesto, riducono la cosiddetta «questione palestinese» a una specie di litigio, magari su basi religiose, che può essere risolto rappacificando i «litiganti» e «concedendo» ai palestinesi un (imprecisato) piccolo fazzoletto della loro terra, quello che gli ipocriti chiamano «Stato palestinese», mentre sulla gran parte della terra palestinese dovrebbe continuare ad esistere, secondo loro, l'entità sionista, razzista, genocida, cioè quello «Stato» basato su un colonialismo di insediamento che da ottant'anni mira ad espandersi ulteriormente, quale che sia il governo di turno, guidato dal Likud o dai laburisti.
Queste sono le loro posizioni. E per questo non era possibile per le organizzazioni che difendono realmente la causa palestinese partecipare alla piazza del 7 giugno. Il che non significa, ripetiamolo, che dobbiamo addebitare le posizioni delle direzioni – complici dei sionisti - che hanno promosso la manifestazione ai tanti che sono scesi in piazza mossi da un impulso sincero, da un rifiuto istintivo della barbarie israeliana, spesso privi – perché privati dall'ideologia dominante e ingannati dai loro partiti – degli strumenti di conoscenza per capire cosa succede, quale è il progetto sionista, quali sono i motivi per cui l'imperialismo e i suoi governi di ogni colore lo sostengono con armi, propaganda e repressione.

 

Ma che dire di certi critici?

Ma non ci si può fermare qui. Come abbiamo scritto e argomentato in decine di articoli, volantini che abbiamo diffuso a ognuna delle centinaia di manifestazioni a cui abbiamo partecipato, come abbiamo ripetuto nelle assemblee che abbiamo organizzato, l'ipocrisia non è limitata ai partiti del centrosinistra (Pd, Cinquestelle, Avs), include anche quelle organizzazioni che, pur con qualche distinguo, non esprimono realmente posizioni a favore di una Palestina libera «dal fiume al mare».
Ci riferiamo a quelle organizzazioni che pur usando in piazza, in qualche caso, quello slogan, ne omettono le implicazioni.
Allora dobbiamo ricordare ancora una volta che «Palestina libera dal fiume al mare» presuppone lo smantellamento dell'intero Stato coloniale: cioè non solo delle colonie che ormai occupano la gran parte della Cisgiordania, bensì anche di quella grande colonia che occupa la Palestina storica e che sulle cartine è indicata come «Israele».
Bisogna allora aggiungere che c'è ipocrisia anche nelle direzioni di quei partiti che pur hanno criticato da sinistra i promotori del 7 giugno e, come è nostro costume, facciamo nomi e cognomi.
Come definire le posizioni di Rifondazione comunista, che ha partecipato «criticamente» alla manifestazione e che continua a ripetere la cantilena dei «due popoli, due Stati», una prospettiva falsa, giustamente respinta dalle organizzazioni palestinesi che scendono in piazza?
Cosa dire di coloro che ancora seminano l'illusione che la soluzione possa venire non dalla Resistenza palestinese ma da una «pace» garantita dagli organismi diplomatici dell'imperialismo, dall'Onu (che tenne a battesimo l'occupazione sionista della Palestina nel 1948) e dal «diritto internazionale» (come se esistesse un diritto angelicato, al di sopra delle classi e dell'imperialismo)?
Che dire di un Acerbo, segretario di Rifondazione, che non perde occasione per cercare uno strapuntino nel centrosinistra che è stato complice diretto del colonialismo israeliano quando era al governo e che continuerà a essere complice anche con un prossimo governo borghese (magari con qualche sotto-segretario di Rifondazione), sempre a tutela degli interessi dell'imperialismo italiano e delle sue fabbriche di armamenti?
O del dirigente di Rifondazione Paolo Ferrero, ex ministro di un governo imperialista, che ci ricorda che «lo Stato di Israele c'è ed esiste, ma è stato riconosciuto dall'Onu in un territorio definito» e per questo invoca una «divisione statuale tra Israele e Palestina» – cioè tra occupanti e occupati – da definire «consensualmente e pacificamente»? (1)
E, spostandosi un metro più a sinistra, come giudicare le posizioni delle direzioni di Potere al Popolo o della Rete dei Comunisti (impegnata quest'ultima a celebrare in questi giorni Maduro e il regime venezuelano, una delle più spietate dittature dell'America Latina) che, pur criticando l'ipocrisia del centrosinistra borghese, si schierano, più o meno esplicitamente, con Russia e Cina, seminando illusioni sulla presunta alternativa rappresentata da questi due imperialismi?
Che dire di questi dirigenti che giustificano l'oppressione e l'invasione dell'Ucraina da parte di Putin e magnificano la «via cinese al socialismo» di Xi Jinping, fingendo di non vedere come, tra l'altro, la Cina stia lavorando per far accettare ai palestinesi la favola dei «due popoli, due Stati», in modo da poter continuare i suoi commerci (la Cina si colloca al secondo posto per importazioni dall'entità sionista ed è addirittura il principale esportatore verso Israele)?
La verità è che nelle posizioni delle direzioni di Pap e Rete dei Comunisti (che in parte coincidono) si riflettono le tradizioni non del comunismo ma dello stalinismo, che ha tra i suoi crimini il sostegno (anche con l'invio di armi) ad Israele negli anni della sua fondazione.
Neppure si può dimenticare la posizione di certe organizzazioni, che pure si presentano come «internazionaliste», per poi sostenere, in nome di un malinteso «marxismo», che ci vorrebbe una «alleanza tra i due proletariati di Palestina e Israele». È questa la posizione di vari gruppi che di definiscono della «sinistra comunista», ma anche di un'organizzazione che si definisce «trotskista», come il Pcr (ex Scr) che rivendica la «creazione di un fronte unito tra il popolo palestinese e la classe operaia e i settori progressisti (sic) della società israeliana [che] creerà la possibilità di dividere lo Stato israeliano su linee di classe, aprendo la strada a una soluzione duratura e democratica della questione palestinese». (2) Come se si trattasse di un qualsiasi Stato borghese, come se Israele non fosse espressione di un colonialismo di insediamento che trasforma tutti gli israeliani in coloni: non solo quelli che attaccano e sgomberano ogni giorno le case dei palestinesi nei «territori occupati» nel 1967 ma anche i «proletari» di Israele, che come la loro borghesia vivono nella terra e nelle case rubate ai palestinesi prima del 1967, e che per questo se contestano il governo di destra di turno nulla hanno da ridire sul progetto sionista, perché ciò implicherebbe restituire quelle case e quelle terre rubate ai palestinesi che loro stessi occupano.

 

Il 21 giugno e oltre

Per parte nostra continuiamo a batterci per una Palestina unica, laica e non razzista, come obiettivo che potrà essere raggiunto, pensiamo, solo nel quadro di una rivoluzione che rovesci gli Stati complici diretti o indiretti del sionismo in tutta la regione, costruendo una federazione socialista del Medio Oriente.
Un obiettivo certo non semplice ma che costituisce da sempre l'unica soluzione realistica di quella che altri chiama la «questione palestinese», che è il nome pudico con cui definiscono l'occupazione della Palestina storica da parte dei sionisti con la complicità dell'imperialismo.
Un obiettivo, quello della «Palestina libera dal fiume al mare», che per essere raggiunto necessità di una lotta unita degli sfruttati e degli oppressi di tutti i Paesi, nel pieno sviluppo di quel grande movimento internazionale nato dopo l'eroica azione palestinese del 7 ottobre e che vede in prima fila nelle piazze giovani e giovanissimi, un movimento che va intrecciato con una lotta dei lavoratori e delle lavoratrici contro tutti i governi borghesi.
Un obiettivo che necessita della costruzione di una Internazionale che organizzi, in una lotta che può vincere solo su scala internazionale, gli operai e le masse sfruttate contro tutti gli imperialismi, quello capeggiato da Trump come quelli europei, cinese o russo.
Una battaglia che deve avanzare unitariamente nelle piazze, certo, ma con un'unità che non può voler dire evitare il confronto delle posizioni, che deve significare additare tutte le ipocrisie, grandi e piccole.
A difesa di queste posizioni e di questa prospettiva internazionalista, comunista e rivoluzionaria, saremo in piazza il 21 giugno.

Ultim’ora. Questo articolo era già chiuso quando l’entità sionista ha iniziato a bombardare l’Iran. Un motivo in più per manifestare il 21 giugno.

 

Note

(1) P. Ferrero, in Su la testa. Argomenti per la rifondazione comunista, giugno 2024.

(2) Questa la posizione del Pcr (ex Scr) e della organizzazione internazionale di cui fa parte (Icr) espressa in decine di testi, si veda ad es. «Basta ipocrisia! Difendere Gaza!» (11/10/23).

https://rivoluzione.red/basta-ipocrisia-difendere-gaza-la-dichiarazione-della-tmi/

 

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