Spagna: La “legge Fernandez”
e la marcia verso lo Stato di polizia
di Felipe Alegria
traduzione di Matteo Bavassano
Il governo Rajoy ha appena approvato il disegno di legge sulla “Tutela della pubblica sicurezza”, la cosiddetta legge Fernandez. Come annunciato dovrebbe essere approvato grazie alla maggioranza assoluta del Partito popolare (Pp).
Repressione e arbitrarietà sfrenata
La nuova legge che preparano sanzionerà comportamenti che fino ad ora configuravano come “mancanze” nel codice penale e adesso diventeranno “illeciti amministrativi”, punibili con multe selvagge che il governo può imporre a suo piacimento, senza niente di più che la parola della polizia e della guardia civile. Per inciso, saranno eliminate alla radice le garanzie giuridiche, compresa la possibilità di chiedere prove al processo e la non obbligatorietà del pagamento della multa fino a quando la violazione non è considerata giuridicamente provata. Ora non interverrà più nessun giudice, come quelli che hanno dato ragione ai manifestanti arrestati nelle manifestazioni o negli escraches ai politici. La multa sarà esecutiva dall’inizio e, in caso d’inadempienza, il Governo potrà sequestrare conti o lo stipendio del multato.
Per presentare ricorso sarà necessario aver pagato precedentemente la multa e far fronte a spese legali elevate.
Di quali “infrazioni amministrative” e multe stiamo parlando?
Ecco alcuni esempi per avere un’idea della portata dell’attacco di fronte al quale ci troviamo.
Le manifestazioni che hanno avuto luogo di fronte alla sedi del Pp alla vigilia del voto, ora sarebbero punite – tra le altre cose – con multe di 600.000 euro.
E con multe fino a 30.000 euro:
- L’“ostruzione alle autorità in esecuzione di decisioni amministrative o giudiziarie”, cioè l’opposizione agli sfratti, anche pacifiche;
- Le “concentrazioni non comunicate di fronte alle istituzioni statali quali il Congresso, il Senato, i parlamenti regionali o le alte corti”, anche se i loro membri non sono riuniti;
- Le “riunioni o le manifestazioni senza autorizzazione o il rifiuto di scioglierle”
- I “reati o gli insulti verso la Spagna, i suoi simboli, emblemi o inni con qualsiasi mezzo”, cioè stare molto attenti a gridare contro il re, a bruciare la sua effige e a scandire slogan contro l’unità dello Stato spagnolo
- Disobbedire o resistere agli agenti dell’autorità, così come il diniego ad identificarsi (cosa fino ad ora punita dai tribunali con multe tra i 100 e i 300 euro). Inoltre, la “mancanza di collaborazione con la polizia nelle indagini o la prevenzione della criminalità”.
- Il “turbamento dell’ordine in campagna elettorale”, come ad esempio irrompere in una manifestazione elettorale per protestare contro i tagli o contro la chiusura di un’impresa.
- Provocare “disordini gravi in vie pubbliche o causare incendi che rappresentino un pericolo per persone o cose” e ostacolare le strade con barricate.
- “Giustificare il terrorismo o la violenza”. Per il ministro Fernandez, in questo rientra l’esibizione di fotografie di carcerati dell’Eta, ma non l’esibizione di bandiere franchiste.
- Non si sono nemmeno dimenticati di inserire lo “scalare edifici pubblici o storici come forma di protesta”.
A tutto ciò si aggiungono i maggiori poteri concessi alla polizia per perquisire, registrare veicoli, trattenere cittadini e fissare “perimetri di sicurezza” dove vietare l’ingresso.
Dichiarazioni e affermazioni
L’attacco antidemocratico di questa legge è tale che il portavoce dei Giudici per la democrazia ha dichiarato che “il governo vuole arrogarsi la possibilità di sanzionare comportamenti con estrema discrezionalità e con concetti giuridici indeterminati, che possono portare ad agire in maniera molto autoritaria”. Associazioni di giudici che non hanno nulla di sinistra, come la Francisco de Vitoria, hanno dichiarato che questa legge ricorda quella franchista sul vagabondaggio. Il presidente dell’Unione progressista dei procuratori Alvaro Garcia ha aggiunto che “è più pericolosa di quanto si possa credere e un’arma brutale d’azione immediata”. Anche il portavoce del sindacato unificato di polizia, José Maria Benito, ha dichiarato che “causerà più tensione perché significherà tagli di diritti e merita più garanzie la tutela giudiziaria che quell’amministrativa”.
Il professore di diritto penale di Barcellona, Joan Queralt, ha espresso con molta chiarezza la sostanza della legge: “Un puro nonsense reazionario e conservatore per criminalizzare la protesta e la critica nelle strade”. È, aggiungiamo noi, il ritorno a quel “la strada è mia” che gridava Manuel Fraga, il venerato maestro del ministro Fernandez, quando era responsabile dell’Interno al tempo di Franco.
La deriva verso uno Stato di polizia. E l’Ue se ne sta in silenzio.
Questa legge è una parte fondamentale nella marcia verso uno Stato sempre più di polizia. È la risposta del governo dei banchieri e della Troika alla resistenza sociale, alla decomposizione del regime di transizione e alla rottura dell'unità forzata dello Stato. Si aggiunge, inoltre, ad una politica di controllo palese dell'apparato istituzionale dello Stato, il crescente potere dato alla gerarchia cattolica, il disprezzo delle forme parlamentari, la tolleranza per l'estrema destra o la promozione della xenofobia.
Curiosamente, l'Unione europea, che si presenta come protettrice dei diritti umani e della democrazia, non ha detto nulla, mettendo in chiaro che sopra ai diritti democratici ci sono gli interessi delle banche e delle multinazionali.
Tutte le organizzazioni e gli individui che si richiamano alla democrazia dovrebbero far sentire la propria voce contro quest’oltraggio. È necessario sollevare clamore dappertutto, mobilitarsi in massa per impedire che questa legge vada avanti e cacciare il governo che la promuove. Non ci sarà alcuna garanzia per le libertà democratiche finché non facciamo cadere questo governo antidemocratico e non ci sbarazziamo del regime del ’78.