
Dopo dieci mesi di impasse istituzionale, conditi da scempi legislativi indirizzati a garantire e tutelare il privilegio, a scapito degli interessi della maggioranza dei lavoratori, pensionati, disoccupati e giovani, l'esperienza del governo Letta è terminata.
Così, e tanto basti per dare anche una rappresentazione sommaria della pochezza umana che connota gli atteggiamenti di questi grigi difensori dell'ingiustizia sociale, Renzi è passato, in soli due mesi, dal tranquillizzare il suo collega di partito Letta sul fatto che avrebbe garantito appoggio e stabilità, al sostanziare, di fatto, una sfiducia politica nei suoi confronti.
In un quadro di crisi economica che il capitalismo internazionale, e segnatamente quello italiano, non appare in grado di superare, è necessario per le classi dominanti, ad ogni latitudine, millantare delle presunte novità e rotture rispetto al passato, prospettando facce nuove nei posti chiave della gestione del potere.
E' in questo senso che va letta l'affermazione di Renzi, ma soprattutto del suo modo di presentarsi al grande pubblico come un soggetto che provi a superare le vecchie logiche cristallizzate nel tempo della politica italiana. Il suo “nuovismo”, che gli è valso tanto successo in tempi così rapidi, altro non è che la più antica tattica che il potere costituito utilizza per gettare fumo negli occhi dei dominati, vale a dire modificare la veste, la forma, con cui esso si presenta, senza cambiarne la sostanza.
“Cambiare tutto per non cambiare niente”, si potrebbe dire, “gattopardescamente” argomentando; ecco qual è il vero progetto politico che sottende all'affermazione del nuovo esecutivo borghese guidato da Renzi.
Per fare alcuni esempi, la nomina di Federica Guidi a capo del ministero dello Sviluppo Economico è un segnale evidente dell'affermazione di questo tipi di progetto; inutile ricordare che la Guidi è stata per molto tempo presidente dei Giovani di Confindustria, senza necessità di aggiungere altro. Al ministero dell'Economia è andato Pier Carlo Padoan, già capo economista all'Ocse, uno degli organismi su cui si incardina l'establishment del capitalismo europeo. Un personaggio che soddisfa l'assoluta necessità, da parte di Renzi e Napolitano, di rassicurare gli organismi internazionali e, soprattutto, i mercati borsistici e finanziari.
Appare ridondante sottolineare come in un momento di crisi economica di tale portata, i due ministeri appena ricordati siano di centrale importanza per tutto l'assetto del futuro governo. Si badi bene: non che se fosse stato nominato qualche altro politico ciò avrebbe determinato una differenza nella natura di classe del governo. Partendo dal dato di fatto che il potere politico non è altro che un sostegno, un orpello di cui il potere economico si serve per perpetrare il proprio dominio, possiamo arrivare alla conclusione che un esecutivo come quello di Renzi, che incontra il favore di importanti settori della finanza internazionale, oltre che del capitalismo nostrano, abbia una natura prettamente ed irrimediabilmente padronale e confindustriale.
E proprio su questa linea di continuità si porrà il governo Renzi che, oltre a riforme ulteriormente restrittive sulla rappresentanza nelle loro istituzioni (vedasi la legge elettorale, c.d. Italicum), proporrà ancora politiche di lacrime e sangue per i lavoratori, pensionati, studenti e disoccupati. E lo farà (questa è l'idea della grande borghesia che per questo lo sostiene) potendo contare sull'immagine del "ricambio", del "nuovo", della "rottamazione" della vecchia politica. A questo serve l'alto tasso di ministri giovani.
Dunque, ciò che si modifica con questo nuovo esecutivo, è solamente il nome di coloro che servilmente andranno a garantire gli interessi dei poteri forti, in un'ottica di continuità di guerra sociale alle classi subalterne del nostro Paese per scaricare la crisi del capitalismo sulle masse.